Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il “Mura Mura”, l’Atarassia, il Divino

L’antica filosofia stoica insegnava l’atarassia, cioè l’imperturbabilità di fronte agli eventi della vita, buoni o cattivi che fossero.
“Se hai un problema che si può risolvere perché ti preoccupi, e se ne hai uno che non si può risolvere, ugualmente, perché ti preoccupi?”.
Si dice nella teologia dogmatica tradizionale, sia del ceppo giudaico-cristiano (ebraismo, cristianesimo, islam) sia del ceppo orientale (induismo) che il “Divino” (o Dio) sia imperturbabile e impassibile (àpathos), incondizionabile, nel senso di una infinita differenza dallo stato umano, che è finito, limitato, e, appunto, condizionato.
E poi c’è il ponte tra il divino e l’umano presente nel cristianesimo con la figura del Dio-Figlio, presenza teandrica costituita dalle due nature nella stessa Persona. Infinite discussioni accompagnarono la formazione della dottrina sulla Persona umano-divina di Cristo. Ci furono tempi in cui la maggioranza dei vescovi cristiani erano seguaci del monaco alessandrino Ario, che non credeva alla natura divina di Gesù detto il Cristo. Un altro monaco, Nestorio, fu condannato per avere continuato su questa strada. I moderni testimoni di Geova si collocano su quelle piste antiche. Per contro si sviluppò la dottrina monofisita, la quale ebbe in Cirillo di Alessandria il principale mentore, dottrina ancora presente nel Vicino Oriente, e sosteneva che in Cristo sussista la “sola” (dal greco òlos) natura divina.
Tra il 325 (Nicea), il 381 (Costantinopoli), il 431 (Efeso) e il 451 (Calcedonia) si sistemò in vari concili della chiesa universale la dottrina canonica su Dio Trinità, il Cristo Uomo-Dio e su Maria la Madre di Dio.
Perché questa digressione?
Per dire che l’uomo è sempre alla ricerca di un qualcosa che lo trascenda, che gli dia speranza e risposte nell’affanno quotidiano del vivere.
Perché l’uomo ha fin dall’origine il senso del Sacro, il senso di una Religiosità originaria, cui ha cercato di dare un ordine terminologico e logico, una tendenza a credere in Qualcosa che superi la dimensione ordinaria e quotidiana della vita e permetta di sperare.
In questo percorso, però, noi occidentali abbiamo smarrito, speriamo non definitivamente, l’accettazione della nostra creaturalità e imperfezione, là dove popoli meno “evoluti” in tecnoscienze ed economia l’hanno mantenuta.
I Malgasci (Madagascar), infatti, dicono che bisogna vivere secondo il “Mura Mura”, cioè la capacità di sorridere, di pazientare, di accettarsi gli uni gli altri, uscendo dal vortice dell’affanno ansioso della performance e del successo a tutti i costi.
L’umano si fa veramente simile al divino solo se riesce a recuperare queste dimensioni smarrite, che stanno silenziose nel “fondo dell’anima”.
 
 
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