Del calcio… e di calci nel sedere
Sembra impossibile, ma talora accade… che dal mondo del calcio professionistico, solitamente caratterizzato da insipienza congenita, sia nella maggior parte dei suoi protagonisti, sia in non pochi tra chi se ne occupa da tifoso, vivendolo come un oggetto fondamentale, come fonte di soddisfazione e felicità, per dire, esca qualcosa di non stupido. Ah quante discussioni ridicole illividiscono i lunedì, che di per sé sarebbero giornate bellissime!
Uso l’attenuazione, l’eufemismo, la litote, dicendo “qualcosa di non stupido”, per non esagerare, né illudermi più di tanto.
Questo pomeriggio, nel quale la prima aria di primavera mi ha suggerito una lunga passeggiata per campi e interpoderali alla Villa dell’ultimo Doge, che sorge nel mezzo della grande campagna delle Terre di Mezzo, sorridevo tra me e me. Corvi neri (com’esuli pensieri) si rincorrevano nel crepuscolo un po’ nebbioso e una coppia di anatre starnazzava nel cielo che si faceva celeste cupo. Il mio passo ritmico e l’occhio curioso in giro.
Qualche minuto prima di uscire, recuperata mia figlia dal suo gruppo musicale, avevo ascoltato pigramente i risultati calcistici della Serie A, e mi era soffermato, quando un paio di allenatori hanno risposto a tono a tal Varriale, petulante scrivano della patria rai. Al suo insistere sul perché ancora una volta non sarebbe stato rilevato un fuorigioco, il furlan Del Neri, che allena la gloriosa Samp di Genova, gli ha risposto che lui cerca di fare il suo lavoro e che a fine stagione torti e ragioni si compensano, e poi Delio Rossi, bravissimo allenatore del Palermo, all’ennesimo tentativo dell’insipido sunnominato cronista di estorcergli un commento magari malevolo sull’Udinese, da cui oggi (il Palermo) ha perso, ha risposto pacatamente di avere abbastanza di un mestiere difficile, quello di padre, senza cercare di giudicarne un altro di difficile, quello di arbitro.
Non so perché, ma di questi tempi, nei quali mi viene una gran voglia di prendere a calci in culo sia i bondi sia i di pietro, sia qualche giurista narciso, sia qualche travagliato giornalista, mi sono sentito quasi consolare da due semplici risposte a chi non ha altro da fare se non esplorare i sabbiosi pianeti dell’ovvietà concettuale, di cui la televisione è prodiga madre e dispensatrice.
Un saluto cordiale a chi legge e magari prova altrettanta soddisfazione, per così poco…
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