La Lezione di Pomigliano
Alcune migliaia in corteo, quelli che volevano mostrare di voler lavorare, altri (non molti) su un ponte con cartelli dove era scritto “servi del padrone”. La vicenda Fiat di Pomigliano d’Arco è emblematica anche in queste immagini.
La Fiom non ha firmato, perché ha ritenuto che il documento della Fiat contenesse violazioni patenti del contratto di lavoro e di alcuni princìpi costituzionali e legali, che questo sindacato definisce indisponibili.
Gli altri sindacati hanno firmato e i lavoratori hanno abbastanza largamente approvato (con il 62,4%) il documento che (forse) sbloccherà gli investimenti e un progetto di reindustrializzazione.
Il tema è molto complesso. Proviamo a riflettere. La Fiat ha proposto un documento che cerca di garantire per vie regolamentari comportamenti e doveri abbastanza rigidi, per combattere l’assenteismo cronico.
La Fiom contesta che vengono lesi diritti fondamentali, come il pagamento della malattia nei primi tre giorni, il non rispetto dell’equivalenza delle mansioni nel caso di mobilità interna, il ricorso alla cassa integrazione straordinaria senza rotazione, e così via. E chiama il testo aziendale “ricatto”.
Il referendum del 22 giugno ha poi sancito che la maggioranza “qualificata” dei lavoratori è stata disponibile a condizioni di lavoro giuridicamente un po’ più restrittive.
Siamo sempre al vecchio tema dei cosiddetti “diritti acquisiti”. Vi è chi li ritiene intangibili, come fossero “diritti fondamentali della persona” (così definiva l’art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori Sergio Cofferati nel 2003, facendo confusione logica e semantica). Manca spesso un po’ di formazione linguistica e filosofica a qualche responsabile. E vi è chi li ritiene – come chi scrive – diritti storicamente dati, ma da collocare nel reale processo della storia e della storia economica. Riassumiamo, solo per memoria e onestà intellettuale: si danno diritti inviolabili e indisponibili, come il diritto alla intangibilità della persona, ad una vita dignitosa, all’istruzione, alla salute, etc., che sono diritti, si può dire, di ordine “naturale”, riconosciuti dalle legislazioni delle grandi democrazie moderne. Essi costituiscono la base dei diritti civili, i quali innervano la convivenza democratica, così come i diritti sociali, dei quali fanno parte gli ordinamenti del welfare e la contrattualistica legale e sindacale.
Confondere questi ultimi con i primi definendoli inviolabili – in quanto comunque acquisiti – è un errore logico e un non senso etico-giuridico. Per definizione, ciò che diventa diritto positivo, se non viola i diritti fondamentali della persona, può essere emendato e modificato, in una prospettiva congiunturale eticamente accettabile. In questo caso Fiat non ha avuto torto a proporre il suo documento, anche se costituisce un certo arretramento nelle garanzie soggettive dei lavoratori, e la Fiom ha comunque diritto di protestare. Sorge a questo punto un quesito: se si pongono delle scelte fra beni di livello e natura diversa, là dove si individua una gerarchia di valore, come nel caso di Pomigliano d’Arco, se ne deve tenere conto o no? Logica vuole che se ne debba tenere conto: infatti, si deve porre sui piatti della bilancia due ordini di beni, in questo caso l’“occupazione”, che si può qui definire “bene maggiore”, e i “diritti acquisiti” considerabili, dunque, come “bene minore”, tra i quali è razionalmente doveroso discernere. Sceglierò allora – secondo prudenza e coscienza – il “bene maggiore”, riservando a tempi migliori la possibilità di ricontrattare i livelli del “bene minore”.
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