Que viva Mexico!
Fue a Mexico en estos dias para trabajar, y tuve la posibilidad de ver algunas cosas del grande pais latino-americano…
… settanta chilometri di casupole abbarbicate (como hormigas que comen la tierra) alle brulle colline che circondano Ciudad de Mexico, e immaginare che cosa succede lì quando piove. Un biancore grigio continuo interrotto dalla morfologia delle colline, a perdita d’occhio. Dicono che vi abitino 15/16 milioni di persone.
E poi c’è la grande città, un po’ Parigi e molto Madrid, con i suoi boulevards e i monumenti a re aztechi e a eroi della revoluciòn. In tutto forse oltre 22 milioni di persone.
La Beata Virgen de Guadalupe ci accoglie benevola, mentre il signor obispo celebra in mezzo a una folla immensa di fedeli. Tapis roulants per smaltire la gente davanti alla sacra immagine della Signora che apparve a Juan Diego, il piccolo indio. Si prepara il grande pellegrinaggio annuale che porterà forse un milione di persone, da Querètaro e da altre parti a Mexico.
Le piramidi del Sole e della Luna, dove si consumavano i riti cruenti della religione antica, sono a poca distanza, a testimoniare di un passato feroce e potente, spezzato dai conquistadores, altro sangue, altra fede. Piccoli uomini dal volto terroso sembrano uscire dalle pietre dei monumenti.
E meno male che c’è stato un fray Bartolomè de Las Casas tra la spada e la croce.
Si intravede nel viaggio, tra le nuvole all’orizzonte, la sagoma immensa del vulcano Popocatepetl, che supera i 5000 metri.
La grande capital federal è una sintesi delle contraddizioni del pianeta.
2010: quest’anno il Mexico celebra l’indipendenza dalla Spagna (1810) e la rivoluzione sociale di Madero, Villa e Zapata (1910), ma sembra ancora in procinto di… non si sa che cosa.
Mi dice Helmut Huber junior: “Un passo avanti e due indietro, due passi avanti e uno indietro“. Sempre pronti per la Rivoluzione e la Santa comunione.
Per avere notizie “europee” bisogna vedere la CNN, che trasmette anche in spagnolo. Vedo invece una tele cubana, che dice di una visita di Fidel ad alcuni istituti: flaco pero fuerte, el lìder màximo habla cordialmente mientras el cronista informa que la Republica Socialista ha liberado algunos prisionieros politicos. Era ahora!
Santiago de Querètaro è a duecento chilometri a nord di Mexico, la strada è tortuosa e in un punto supera i 3000 metri sul livello del mare.
E’ industrializzata, internazionale. Il centro storico di case basse e colorate ricorda un certo sud Mediterraneo, greco e salentino. Bambini, tanti, indi e meticci ai crocicchi che cercano di vendere i loro prodotti. Echi ottocenteschi: Benito Juarez celebrato e Maximilian von Absburg fucilato.
Aziende italiane – e nel caso una friulana tra le più evolute con la quale sono venuto fin qui – stanno rapidamente costruendo relazioni, joint ventures, accordi e filiere di produzione e commerciali in tutto il mondo.
Posto sulla circonvallazione, il call center del Banco de Santander ha duemila addette a turno che seguono tutto il Sudamerica.
Se a Pomigliano bisogna cercare di far decollare un grande progetto industriale, nei Paesi emergenti bisogna integrare i saperi delle aziende “madri” con l’energia formidabile di popoli giovani e intraprendenti.
L’italiano a Querètaro deve dialogare imparando mentre trasmette conoscenza, e insegnando mentre impara sensibilità, espressioni culturali e tradizioni lontane.
Ancora più a nord visitiamo una sera San Miguel de Allende, musica del mariachi e barocco sontuoso.
Madonne in processione, frati francescani e immagini di Cristi dolenti e Santi vestiti. A sera un venticello fresco tradisce i 2000 metri di quota.
La pietà popolare è quella che molti teologi hanno superbamente disprezzato nel secolo scorso, e papa Montini ha invitato a non trascurare. Sto con papa Montini.
Guardando le facce di migliaia di bambini, facce meticce, facce umane, vien da dire che la storia del mondo passa anche per di qui, e di più per le viuzze sordide e per le case improbabili con grandi botti di gomma sulla terrazza per raccogliere l’acqua piovana.
Nelle campagne dell’altopiano, tra una città e l’altra, si scorgono immense distese di agavi, e qua e là chioschi fumanti dove si vende il pulque e qualche tortilla alla carne.
Orazio sonnecchia sull’auto del padre, mentre i grandi parlano di lavoro e la notte scende anche su Santa Rosa illuminata, alle porte di Santiago de Querètaro.
San Luis de Potosì era troppo lontana per la cena, sarà per un’altra volta.
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