Laurent Fignon
Non è più, ma non scompare alla memoria del cuore.
Era del ’60, cinquant’anni appena compiuti.
Aveva vinto due Tour de France e un Giro d’Italia, due Milano – Sanremo e una Freccia Vallone.
Bastante victorias para su gloria.
Ciò che ricordo di lui è il garbo, l’eleganza anche nella vis polemica. Perse un Giro da Moser per 8 secondi, a cronometro, nel 1984. Ricordo che ero ad Assisi quel pomeriggio. E un Tour da Lemond per 12 secondi.
Tra la vittoria e la sconfitta battiti di ciglia o d’ali di farfalla.
Stile che ricordava Anquetil, che fendeva l’aria senza spostare un gomito o un’anca, negli anni ’60, io bambino, e si vedevano le tappe del Giro e del Tour in bianco e nero all’osteria di Lino, nelle torride estati.
E mio padre, quando tornava dalla Germania mi raccontava di Bottecchia, Girardengo e Binda, di Bartali e di Coppi, di Koblet e Bobet… l’imprinting.
Per questo il ciclismo mi è dentro, e i volti di Coppi, di Pantani, di Fignon mi sono affini nella fatica del vivere.
Mandi Fignon, bravo ragazzo.
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2 Comments
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Salve bell’articolo, appena due refusi, al tour dell’89 arrivò secondo ad 8 secondi da Lemond, mentre al giro dell’84 per 1’03” da Moser.
Comunque bell’articolo di un mio idolo dell’infanzia, e bella anche la citazione su Pantani.
Caro Massimo, grazie, anche delle due correzioni. E’ bello condividere il ricordo di un grande e leale, e sfortunato campione, renato