Sakineh è tutte le donne del mondo
Sakineh Mohammadi Ashtiani è tutte le donne del mondo perché rappresenta il loro dolore che dura dall’inizio.
Dolore fisico e morale per una considerazione che non è stata mai proporzionata alla loro umanità, la quale semplicemente è quella del maschio. La donna è stata “maltrattata” da parole scritte di “Omero”, Demostene, Platone, Pitagora, Aristotele, Clemente di Alessandria, Tommaso d’Aquino, Oddone di Cluny, Aristofane, Esiodo, Pericle, Aulo Gellio, Tertulliano, Giovanni Crisostomo, Efrem il Siro, John di Salisbury vescovo di Chartres, Antonino vescovo di Firenze, Campanella, Menandro, Plauto, Marziale, Eschilo, Paracelso, Tolstoj, Shakespeare, Goethe, Nietzsche, Freud, Rousseau, Shaw (alcuni tra il serio e il faceto, certamente, come quest’ultimo autore, ma i più molto seriamente)…, pagani e non, tra gli altri. (La bibliografia relativa è a disposizione).
Così è andata, e ciò non dà certo ragione né giustifica la disumanità inaccettabile di ciò che riguarda Sakineh, ma semplicemente inquadra un pregresso culturale illuminante, in tema.
L’interpretazione letterale dei grandi Codici vicino-orientali antichi (Sumeri, Caldei, Bibbia compresa: cfr. Esodo 22, 17; Levitico 20, 10 – 13; 24, 15 – 18; Deuteronomio 17, 6 – 7 e 22, 22 – 24, etc.) e le legislazioni arcaiche è arrivata fino a noi, rendendo possibile una condanna a morte anche per lapidazione.
Ma Gesù, come scrive Giovanni (8, 1 – 11) di fatto abolisce la pratica orrenda “(…) Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra su di lei (…)”: la Buona Novella dell’Evangelo supera l’arcaismo tribale Vetero-testamentario.
Nella storia occidentale, in ambito cristiano, abbiamo avuto poi l’abominio della desolazione della caccia alle streghe, che ha provocato decine di migliaia di roghi di povere donne, l’ultimo dei quali a ‘800 inoltrato.
La colpa di questa donna iraniana, se c’è, potrebbe essere solo quella di concorso in omicidio, perché quella di adulterio – se colpa in quanto peccato può essere considerata sotto il profilo di una data morale religiosa, così com’è anche nel cristianesimo – non può essere assolutamente considerata anche reato penale in ogni codice contemporaneo che tenga conto dei Diritti dell’uomo. Invece nell’ordinamento iraniano lo è. Eppure nel Corano non è prevista la pena di morte per lapidazione. In Iran è stata introdotta nel codice penale nel 1983 dopo la rivoluzione khomeinista.
La pena di morte è presente ancora in una settantina di Paesi del mondo, Stati Uniti d’America compresi, e si sa che tale pena, oltre che inacettabile sul piano di un’etica del fine secondo l’uomo e lo “stato di diritto“, non costituisce alcuna deterrenza contro il crimine.
Sotto questo profilo oggi l’Iran è in cattiva compagnia. Infatti l’America (Obama!) tace.
Che Dio onnipotente e misericordioso, come Lo chiamiamo allo stesso modo, cristiani e musulmani, illumini Tehran.
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