Il Problema e il Mistero
Il Problema è ciò-che-si-pone-davanti-a-noi e deve essere risolto. Tant’è che uno dei plessi concettuali e disciplinari presenti nelle moderne teorie dell’organizzazione è il “problem solving”. Concetto tanto esaltato quanto asfittico, se non corroborato da un pensiero metafisico.
Il termine “Problema” deriva dal verbo greco pro-bàllo (getto avanti) ed è termine abusato, a volte utilizzato in luogo di “Tema“, che significa invece “argomento“, letteralmente ciò-che-si-pone, dal verbo greco tìthemi (pongo, metto, cfr. “i temi di scuola”).
Usare il termine “problema” in luogo di “tema” è sbagliato e sintomo di incapacità di coglimento del diverso fluire delle cose.
Le cose e la vita fluiscono nell’essere, cioè nel Mistero, altra parola greca (dal verbo mùo, mùein) che significa ciò-che-si-svela-lentamente, a volte ri-velandosi (cioè tornando a essere mistero).
Ogni ri-velazione è dunque svelamento e nel contempo (anche se all’evidenza percettiva ciò accade successivamente) ri-velamento, quasi come un apparire e uno scomparire dell’essere.
Anche Gabriel Marcel ne tratta nel suo Diario metafisico e in Homo viator.
Il problema è collegato all’avere, il tema è collegato all’essere. Se si vuole risolvere il problema lo si vuole per avere qualcosa. L’essere, invece, si pone come tema, e non si può risolvere: si deve accettare. Perché è un qualcosa-che-si-rivela-lentamente, nel suo essere-mistero, e appartiene alla vita che scorre.
Così come l’avere e l’essere sono rispettivamente collegati al problema e al mistero, l’orgoglio e l’egoismo sono figli della confusione tra problema e mistero. L’orgoglio spinge al rifiuto dell’impossibilità della conoscenza del tema; l’egoismo rifiuta la possibilità della conoscenza del tema. A volte orgoglio ed egoismo vengono chiamati amore, travisando completamente ciò-che-l’amore-è-veramente-e-dolorosamente: accettazione del tema, del mistero, dell’insicurezza, dell’essere, senza pretese e senza orgogliosi egoismi.
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