Il Lògos che scorre nelle viscere
Allieva di Ortega y Gasset, Maria Zambrano (1904 – 1991) vive transfuga dal franchismo dopo il ’39.
Cile, Messico, Parigi, Cuba, Portorico, Roma e infine Madrid, fino alla scomparsa. Conosce nel tempo Sartre, Camus, Cioran, Elena Croce, Carlo Emilio Gadda e Elemire Zolla.
Per lei: (…) Il pensiero, a quanto sembra, tende a farsi sangue. Per questo, pensare è cosa tanto grave. O forse è che il sangue deve rispondere al pensiero … come se l’atto più puro, disinteressato compiuto dall’uomo dovesse essere pagato, o quanto meno legittimato, da quella “materia” preziosa tra tutte, essenza della vita, o vita stessa che scorre nascosta“.
Quasi come in Pascal, per Zambrano “il cuore ha ragioni che la ragione non conosce“. E così occorre che il castello di ragioni, come muraglia chiusa, si apra all’ampio, quasi infinito dispiegarsi del sentimento, della fantasia, della poesia, temuta e venerata, nel contempo, dai filosofi. Anche se Leopardi nulla aveva da temere, ma forse Hegel sì.
La poesia, prima del pensiero logico, sa penetrare nelle “cose schiave nascoste, ascoltare voci tenui e avvicinare la loro immagine fuggevole“. Così come la donna, che rappresenta la parte che coltiva il mistero, a partire dal suo essere luogo dove si crea la nascita dell’uomo. Diotima, Antigone, Eloisa. La testimonianza femminile di un modo di conoscere diverso, e forse più autentico.
E prima di Pascal è sant’Agostino che la fa pensare all’esigenza di una ricomposizione di ciò che sembra scomposto: il Lògos che si ricongiunge ad Eros, nell’uomo. Che poi si esprime in una parola che non è solo “concetto”, ma traccia …
Ascoltiamola ancora: “E in seguito l’essere, una volta destatosi, di mattina o nel centro della notte, a questa luce che si accende senza che si sappia, come nell’oscurità se ne ricade (…) Soffrirà, anzi, senza dubbio, di sete e di oscurità, ma il vivere umanamente sembra sia proprio questo, che consista in questo, in un aspirare e un desiderare appagati, nell’oblio di se stessi, da istanti di pienezza che in seguito li riavviano, li riaccendono (…).
Ancora una volta, come anche Gabriel Marcel, Zambrano ci richiama alla soglia di un mistero che non si può mai del tutto svelare.
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