Terre remote
Ciò che è remoto non sempre è lontano migliaia di chilometri.
Può essere anche a due ore d’auto, come l’Istria.
Lì mi nasconderò un giorno, in uno dei paesini dove d’inverno larghe volute di fumo escono dai camini delle case di pietra.
Come a Gradnjie, o a Grosnjian, oppure nella Valle degli Asfodeli.
Dove d’inverno nevica lentamente e il silenzio avvolge tutto.
E gli uomini si fermano sulla soglia di casa a guardare.
Basta superare Trieste di venti chilometri, o venti minuti di auto.
La terra si fa nera, grassa, e le basse montagne costeggiano piccoli fiumi, serpeggianti tra i boschi.
La valle della Dragogna si insinua sinuosamente verso Istarske Toplice.
Di lì, tortuosa e stretta si diparte la via per Montona, che appare dopo una mezz’ora, alta, quasi tra le nuvole.
L’affanno delle nostre vite cede a un rallentamento.
L’ansia si placa.
Il cuore può riprendere a battere a un ritmo normale, perché l’arcano torna a far respirare polmoni stanchi.
Alberi contorti costeggiano le strade che erano polverosamente sterrate fino a pochi anni fa.
A una curva appare Dvigrad (Docastelli) diruta dagli Uscocchi nel ‘600. Trame veneziane e balcaniche.
Un giorno mi perderò senza telefono e recapiti, da qualche parte, da quelle parti, almeno per un tempo, fino a disintossicare questa vita.
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