Verità e Menzogna
Friedrich W. Nietzsche ha potentemente smascherato molte finzioni che l’uomo -per sopravvivere- si è procurato, sia nell’ambito cognitivo, sia nell’ambito morale. In ciò consiste il suo nichilismo, che è un atteggiamento, un’impostazione conoscitiva, un’epistemologia -infine- iper-morale, vale a dire moralissima, improntata ad un’etica della verità.
Leggiamo alcuni passaggi tratti dal saggio Su volontà e menzogna in senso extramorale.
“L’intelletto, come mezzo per la conservazione dell’individuo, dispiega le sue forze principali nella finzione, giacché questa costituisce il mezzo che permette agli individui più deboli (e in qualche caso lo è -debole- ciascuno di noi, ndr), meno robusti, di conservarsi, essendo loro negata la lotta per l’esistenza da combattersi con le corna e con le zanne aguzze degli animali feroci. Nell’uomo quest’arte della finzione giunge al culmine: qui l’illudere, l’adulare, il mentire e l’ingannare, il parlare dietro le spalle, il presenziare, il vivere in uno splendore preso a prestito, il mascherarsi, il celarsi dietro le convenzioni, il recitare la commedia davanti agli altri e a se stessi, insomma il continuo svolazzare intorno all’unica fiamma della vanità, sono la regola e la legge, a tal punto che non c’è quasi più niente di più incomprensibile del fatto che possa sorgere tra gli uomini un impulso onesto e puro verso la verità. Gli uomini sono profondamente immersi nelle illusioni e nelle immagini di sogno, il loro occhio non fa che scivolare sulla superficie delle cose e vedere “forme”, in nessun luogo il loro sentire conduce alla verità, ma si accontenta di ricevere stimoli e di giocare per così dire un gioco tattile sul dorso delle cose (…)”.
E potremmo continuare a leggere il grande tedesco nello smascheramento ulteriore delle varie modalità con le quali conduciamo (chi più chi meno) talora falsamente la nostra propria vita.
Vero è che non possiamo dire sempre la “verità” che sentiamo sorgere prepotentemente dentro di noi, pena l’esclusione dall’umano consorzio (lavoro, ambienti sociali, partiti, affetti … perfino), ma dobbiamo frenare il nostro impulso declaratorio, sulla soglia di un accenno, magari cautamente dubbioso, ma alla fine di convenienza, se non di falsificazione.
Evidentemente non sempre è così. Molte volte possiamo limpidamente attingere alla fonte di quella che ci appare almeno come una “verità locale” (Zampieri 2009), o come una “verità in itinere”, soprattutto quando parliamo con persone che ci vogliono bene.
Ma con tutte le altre occorrono le cautele che Nietzsche denunzia almeno come dissimulazione.
Il tempo e la sapienza che lo accompagna ci aiuti a discernere -pazientemente- le circostanze nelle quali la verità, parziale così come può essere data all’uomo, può assidersi tra di noi.
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