Elena e Jacopo
… accostàti, cosa ti dicono, caro lettore, questi due nomi?
Ti ricordano qualcosa?
Elena una ventina di giorni fa è morta perché abbandonata in auto dal padre, Jacopo qualche giorno fa.
Rubricati penalmente come omicidi colposi.
Che cosa sta succedendo di noi?
Dove sta andando la nostra testa, o meglio, in che condizioni si trova?
Più dei casi di Avetrana e di Jara, più dei casi di Cogne e di Novi Ligure e di Erba, delitti della captiveria (che è un essere prigionieri di se stessi) e dell’ignoranza, impressionano questi fatti.
Come può accadere che si dimentichi un bambino in auto? Può accadere, e senza che tu sia uno snaturato o un superficiale. Vittima sei (siamo), di un mondo e di una vita resi a tal punto complessi da non permetterti quasi più di dominare gli eventi e i fatti, le azioni e il loro susseguirsi …
Intasati di attività sempre più intrecciate e contemporanee, stressati da ritmi incongrui alla nostra psico-fisiologia e da risultati da ottenere per mostrarli a qualcuno, perdiamo colpi.
Può darsi che questo nostro tempo rappresenti lo specchio di un limite a cui siamo rapidamente giunti.
Solo venti o trent’anni fa le vite scorrevano con ritmi stabiliti dal risveglio all’addormentamento serale. Il telefono era quello fisso, di casa. Niente computer personale. Si usciva e si diceva “vado”, e si tornava. Oggi con un GPS installato di nascosto sul mezzo del nostro familiare si può scoprire se ci dice il vero quando dice di essere andato lì o là …
Siamo raggiungibili ovunque, anche quando in bagno la mattina del sabato, indugiamo leggendo un “Texone”, nel silenzio della casa.
Oggi dobbiamo essere prestazionali, competitivi, svegli, di successo, vincenti … oggi. E poi dimentichiamo i bambini in auto, nei casi più drammatici, ovvero, non riusciamo quasi più a darci un tempo giusto per le cose, come insegna Qoèlet: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,/ un tempo per amare e un tempo per odiare,/ un tempo per distruggere e un tempo per costruire/…”. Un tempo per ascoltare voci, suoni, melodie, imprecazioni, preghiere, bestemmie, lamenti, pianti, risate: le “verità locali” dell’umano esistere.
Un tempo. Il tempo, che non può essere solo quello del krònos, quello della fretta, ma deve essere anche quello del kairòs, dell’opportunità, quello che scorre interiormente, e si accorcia e si allunga a seconda della nostra adesione alla natura.
La “cultura”, intesa come sapere appreso, sta facendo violenza alla natura. Questo è il punto. Ed è il punto di partenza per un ripensamento che riguarda ognuno di noi, su come usiamo il tempo, su come ascoltiamo gli altri, su come auscultiamo il battito del nostro cuore e il fluire dei nostri pensieri.
Post correlati
1 Comments
Leave a Reply
E’ sempre un piacere per la mia mente e il mio cuore leggere e “ascoltare” tutto quello che scrivi.
Momenti importanti di riflessione……..
Un saluto
Pippo