Dio perdona, internet no
Se commetti qualche azione mala, e perciò si crea la necessità del perdono di Dio, sai che un pentimento contrito per l’azione compiuta fa sì che questo perdono, come dono reiterato e reiterabile di Dio stesso, sia certo. Questa è la retta dottrina cristiana sul male consapevolmente fatto, sul pentimento e i buoni propositi, e sul perdono.
Si potrebbe dire, senza scomodare la teologia morale, che la persona ha bisogno di riconoscere il male che compie, sapendo che in qualche aspetto è indelebile (neppure Dio può nientificare a posteriori gli atti compiuti liberamente dall’uomo), mantenendo il “senso della colpa” (cfr. in Martin Buber) come cicatrice e memoria per migliorarsi, senza tormentarsi con “il senso di colpa“, che è irrisolvibile, perché -nella sua genericità- è ridotto a mero psicologema. Il pentimento è nel contempo redentivo e soddisfattorio, anche se solo in parte, perché comprende sì la pena da scontare nella propria anima, ma non il ripristino del bene tolto mediante il male fatto.
Se invece scrivi qualcosa su internet, sia questo che scrivi sapiente ovvero insipiente, resta lì, per un’eternità attuale. Internet non perdona l’idiozia. Qualcuno ritiene che il web sia il “dio” contemporaneo, ma si sbaglia. Internet è solo un potentissimo, e talvolta pericoloso, strumento di comunicazione e ricerca.
Con Dio, invece, bisogna avere confidenza, e si ha confidenza perché si sa che non ti tradisce mai …
Racconto, ora, di una cena estiva nel mezzo della campagna silenziosa, insegnanti di una Scuola dell’infanzia e dei Nidi, il medico, il parroco, quasi un contesto d’altri tempi.
Don Stefano è un gagliardo ottantenne. Montanaro, viaggiatore, accompagnatore dei suoi giovani ad ammirare la bellezza: “Pensa, mi dice, ieri ero a camminare attorno al lago di Barcis con i miei ragazzi. L’aria era nitida e le montagne stagliate tutt’intorno come una corona di rocce. I ragazzi erano muti, estasiati. La meraviglia li aveva presi“.
E poi mi racconta dei suoi viaggi attorno al mondo, a vedere la povertà … il Bangladesh, dove costruiscono le case di canne e legno di risulta un poco sopraelevate, per evitare che entrino i serpenti a morsicare i bambini messi in ceste di vimini appese in alto.
Il Sinài, con i suoi silenzi e i colori rossastri della pietra, cieli di cobalto in cui lo sguardo umano si perde e si ritrova.
Viviamo tempi difficili, ma c’è la speranza come passione ragionevole, che ci aiuta a vivere. La speranza è la fiducia nel tempo che viene, e che accogli dentro di te.
Continua Don Stefano: “Ai miei ragazzi dico: raccontatemi anche le cose belle che vivete, non solo quelle brutte…”
Così si vivono anche le cose buone di questo mondo. Che cosa c’entri Dio, internet e Don Stefano, uno può chiedersi …
C’entrano come soggetti e concetti che incontriamo e con i quali abbiamo una relazione, che è a due vie nel primo (sì, anche nel primo, basta stare in ascolto) e nel terzo caso, e a una via nel secondo.
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