La campana di Pàlcoda
… onde sonore in dissolvenza si confondono al vento leggero e allo scorrere dell’acqua, che eternamente scende dalle falde del monte.
Pàlcoda è lì, diruta, con le pietre piene di sole.
Arrivati dal sentiero erto, attraversato più volte il verde torrente equoreo che balza sui sassi levigati, appare il paese perduto.
Nel 1923 l’ultimo Masotti se ne andò via, dopo oltre duecento anni di presidio abitato della conca sottostante la Cuesta Spiolèit.
Case di pietra bianca alte tre piani si ergono ancora nell’erba alta tutt’intorno alla chiesa.
I tetti sono scomparsi come nelle antiche abbazie di Northumbria o di Toscana.
Dalle pareti diroccate, se guardi in alto, l’azzurrità ti confonde e attira l’anima fattasi leggera.
Meno di un’ora e mezza di cammino. La chiesa di san Giacomo ha un piccolo campanile, e la campana attende di vibrare per ricordare alla valle che lì si può arrivare, senza fretta, e tutto è pieno di silenzio.
Tàmar si trova in una vicina convalle. Di lì poi un altro sentiero porta all’inizio del cammino.
L’ultimo rintocco sta vibrando ancora nell’aria cilestrina del pomeriggio agostano
e lontanissimo,
oltre il picco orientale del monte,
veleggia un’aquila solitaria,
come il pensiero.
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