Non ci sarò
Alla Villa grande, persa nella grande campagna, sotto il cielo alto del mio Friuli, stasera suona mastro Guccini da Pàvana, Appennino modenese. Vengono da lì e dalla via Emilia i suoi umori.
Certamente si concederà di libare con un “taglio di Tocai”, com’è suo costume.
Avevo il biglietto (o un invito, non so) per andarci.
Cornice di sobria architettura “palladiana”, autunno che viene, parole nella notte.
Non ci andrò, perché “non è opportuno” per la generazione che viene. Avrei disturbato con la mia presenza ingombrante e stagionata. Asì es, diria.
Non ci andrò. Ci sono già stato, altre due o tre volte, a sentirlo, consentaneo a molti dei miei pensieri.
Anche se milita, i vecchio maestro non è mai manicheo, e sorride dei vizi umani, amaro e aspro.
Non ci andrò, perché il mio tempo è altro da chi ci andrà.
Non ci andrò, perché chi sarà lì avrà bisogno di spazio mentale e di orizzonti, oltre le rive del pensiero. Avrà bisogno di respirare, di camminare e camminare senza il rischio dell’incontro (con me). La gioventù sta sola.
La mia canizie vista da lontano è il tempo diverso, che non si comprende. Ma è il tempo, che è passato, e che è qui, ancora!
Non ci andrò, anche se mi dispiace non ascoltare ancora una volta la storia delle anime perse nel vento di Auschwitz, e di Cyrano, che “tocca” con la sua spada l’ipocrisia trasudante dai sorrisi fasulli e dai falsi eroismi.
Non ci andrò stasera, perché i miei occhi miopi potrebbero vedere chi desidera non essere visto.
E che forse non vedrei neppure con gli occhiali da miope.
Non ci andrò alla Villa stasera, e Francesco canterà i suoi settant’anni a cinquemila giovani.
Per me ha già cantato.
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