Chi è colpa di cosa?
Un po’ rarefatta psicologicamente l’emozione dell’accadimento e le esigenze della cronaca, occorre chiedersi se il comandante Schettino, additato al mondo come reprobo, sia il vero e unico vergognosamente responsabile della tragedia, o se si debba allargare e approfondire lo sguardo. Ferma restando l’inammissibile operazione compiuta e l’inetta vigliaccheria mostrata dal tristissimo protagonista, sono anche per questa seconda pista.
La riflessione poi non può non riguardare l’esercizio della guida, del comando, della leadership in una “situazione limite” (grenz Situazion), come la chiamava Jaspers.
Partiamo dalle responsabilità: dubito che Schettino sia stato solo un anfitrione vanaglorioso, infantilmente stupito per la perdita del “giocattolo”, incurante della sicurezza al punto comportarsi come abbiamo visto, senza sentirsi parte di un contesto “culturale” che gli potesse permettere un’operazione come quella che ha portato alla tragedia del Giglio. In altre parole, il famoso “inchino” all’isola è una qualche consuetudine o una mattana personale di Schettino?
E poi, se questo è vero, come si muovono e quanto tollerano di questi comportamenti le Capitanerie di porto?
Veniamo al secondo punto: come fa una compagnia come Costa a controllare le condizioni psico-morali di un comandante, garantendosi aziendalmente che ciascuna di queste persone cui è affidata una responsabilità così grande, sia di solito, e si mantenga all’altezza del compito?
Dubbi che sopravvengono. Uno che comanda un organismo umano-tecnologico di più di centodiecimila tonnellate, mezzo miliardo di costo, e quattromila e trecento persone a bordo, può avere un attacco di megalomania, tale da mettere in questione il suo equilibrio?
Conoscendo l’animale umano questo può essere altamente plausibile, anche considerando ciò che sostiene Steven Pinker (pur se in contrasto con studiosi come Thomas Hills dell’Università di Warwick, in Inghilterra, e Ralph Hertwig, dell’Università di Basilea, i quali ritengono che siamo tuttora fermi al paleolitico) circa la regressione del cervello rettiliano, portatore di naturali istinti di sopraffazione altrui, e la progressione dei lobi pre-frontali della corteccia cerebrale, portatori di razionalità sempre maggiore.
A fronte di fatti come quello del Giglio, si può dire che a volte prevale l’irresponsabilità individuale e condivisa, invece di un’etica naturale, a salvaguardia del valore primario dell’uomo e dell’ambiente.
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1 Comments
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Posizione più che condivisibile ed analisi che merita certamente una riflessione mediatica meno di “pancia”.