Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il paralitico di Cafarnao e il falso profeta di Sanremo

Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni (…)” (Marco 2, 1-12).

Sappiamo dal racconto di Marco che i parenti e gli amici di un paralitico lo presentarono a Jesus calandolo dal tetto. L’apertura del tetto non doveva essere molto difficile a quei tempi e in quel tipo di abitazioni fatte di fango e paglia.

Il Maestro vide la loro fede e disse al malato “Figliolo ti sono rimessi i tuoi peccati“. Ma come, cominciano a mormorare gli scribi e i farisei lì presenti … “Perché costui parla così? Bestemmia. Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”

Conosciuti i loro pensieri del cuore, Gesù chiede loro “Che cosa è più facile dire al paralitico : ti sono rimessi i peccati, o dire: alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?”

Il resto è noto, perché Egli ordinò al paralitico di alzarsi e di andare a casa, e quegli si alzò guarito. E la meraviglia di tutti fu grande.

Il per-dono è il dono iterato, il dono continuo, che consente a chi è caduto, piegato, di rialzarsi, di risorgere. 

Marco narra con semplicità due eventi grandi, la remissione dei peccati, il più grande, e la guarigione dalla malattia invalidante.

Il sentiero che porta alla verità delle cose è arduo e semplicissimo e richiede umiltà e fiducia. Sembra che solo chi si affida credendo nella possibilità di guarire e di redimersi possa sperare di avere questi doni, che innanzitutto sono frutto di una conversione interiore. Lo spirito umano ha un grande potere.

Quanti al giorno d’oggi hanno questa consapevolezza? Quante volte l’umiltà di porsi in questo modo?

In queste serate al festival di Sanremo questa umiltà non si è vista nelle onerose omelie proposte dal cantante che ha preteso di fare un mestiere non suo.

E allora l’arrogante sfida a colpi di affermazioni gratuite, di semplificazioni presuntuose e nescienti, nell’imbarazzo di una Rai incapace di “essere azienda”.

Suggerire a quest’uomo in età di riflettere in silenzio meditando sulle parole sagge di Wittgenstein “di ciò che non si sa si taccia“, è l’unica cosa da fare, e poi dimenticare presto ciò che non ha valore.

La nostra mente farà tutto ciò che serve per recuperare la sapienza del silenzio.

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