Novantanove su cento
…colpi, Jessica Rossi vince l’oro del tiro al piattello dalla fossa olimpica.
Le sue avversarie: un’australiana, una francese (che sarà terza), un’italiana di San Marino, la Perilli (quarta), una slovacca (seconda), una spagnola.
Jessica ha vent’anni ed è di Crevalcore, zona terremotata.
Tra un colpo e l’altro abbassa la testa e medita, riflette silenziosa, lasciando esplodere una gioia contenuta solo alla fine di tutto.
Vent’anni, poi dice di avere molto lavorato su di sè sul piano fisico e psicologico. Son certo che lo yoga non le è ignoto; non voglio pensare conosca la meditazione della mistica renana del XIV secolo, ma non lo escluderei.
Con veste diversa, saio o giù di lì, potrebbe assomigliare a una monaca di clausura che saluta l’alba consapevole che ogni istante di vita concessa è preziosa, che si deve viverlo intensamente, perché è utile, senza rimpianti e pregustazioni di ciò-che-non-è o non-è-ancora. Un monaca o anche un creatura qualsivoglia di questo mondo, io-tu-lei-lui-voi-loro, capace di riflettere sul valore incomparabile della vita che si vive, con tutti i suoi limiti, orpelli, impedimenti, rallentamenti, deviazioni, ritorni, contraddizioni e dolori.
Il suo guardare nel vuoto-avanti-a-lei, prima di ogni colpo, dice concentrazione e capacità di apprezzamento del “qui e ora“, coglimento estatico dell’inestinguibile verità di ogni istante, della sua irripetibilità, della sua inesauribilità sub specie aeternitatis, dal punto di vista di Dio, e anche di Einstein, consapevolezza della propria capacità di stare a questo mondo nel ruolo -liberamente scelto e costruito- nel contesto suo esistenziale possibile.
Jessica, così giovane, maestra di atteggiamento per tutti i giovani e men giovani che l’hanno vista lottare e vincere senza un briciolo di autoesaltazione, con un semplice sorriso di gioia vera nella condivisione matura con chi l’ha aiutata.
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