Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Sulla sentenza di Oslo ha ragione Spinoza?

Ho finito appena sotto di distinguermi umilmente da Baruch Spinoza, quando arriva la sentenza di Oslo.

Anders Behring Breivik il 24 agosto scorso è stato condannato al massimo della pena per la strage di Utoya, cioè ai 21 anni di carcere previsti dall’ordinamento penale norvegese, con la possibilità per il giudice di tenerlo in galera anche oltre il 2033 se non sarà stata verificata in lui una condizione psicologica e morale di pentimento e una possibilità di redenzione.

Spinoza, se interpellato sul caso, avrebbe risposto come molti neuroscienziati (ma forse non Steven Pinker) oggi risponderebbero se interpellati. Così:

“Il cervello, cioè l’hardware (l’amigdala, l’ippocampo, e anche i lobi frontali) di Breivik sono tali per cui lui era determinato a poter compiere la strage, anzi a compierla: avrebbe dunque essere essere considerato dai giudici di Oslo penalmente irresponsabile, e richiuso per sempre in una struttura psichiatrica-criminale”.

Va bene, ma dov’è il confine, o meglio c’è un confine tra la “qualità” dell’azione di Breivik e la “qualità” dell’azione di chi ha ammazzato trucidandoli i due coniugi di Lignano Sabbiadoro appena una settimana fa? O il matricidio-fratricidio della oramai dimenticata (? non da me) Erika De Nardo di Novi Ligure? Drogati forse, e quindi con un cervello chimicamente determinato al punto da perdere il lume della ragione?

Si può paragonare la “follia” (diciamo intanto così) dello sgradevole ragazzotto norvegese a quella di regimi totalitari disumani come il nazismo, come la quasi totalità delle esperienze comuniste, per tacere delle stragi registrate dalla storia di tutti i tempi?

Sappiamo che la “natura” (virgoletto per non dare per scontata nel lettore un’accezione univoca del concetto) umana è capace di tutto ciò, come le storie narrate degli umani esseri raccontano.

Ma allora quale spazio resta al libero arbitrio, quale alla responsabilità morale delle azioni umane libere?

Non possiamo pensare che non ne resti, anzi: lo testimoniano innumerevoli altri casi e situazioni che ci sono noti, lo testimonia la vita quotidiana di miliardi di persone che non conosciamo, quelle dei nostri cari, la nostra, la vita di tutti quei virtuosi sconosciuti che accettano anche la tristitia della perdita, senza perdere la laetitia della vita.

Post correlati

0 Comments

Leave a Reply

XHTML: You can use these tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>