Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Italianitas und Germanitas

Sappiamo che i tedeschi ci temono, particolarmente nel gioco del calcio, dove sono destinati, pare, a perdere nelle occasioni più importanti. Altri loro controversi sentimenti nei nostri confronti sono una certa rabbia commista a un’ammirazione per ciò che l’Italia costituisce, come fonte di cultura universale e per le sue varie incomparabili bellezze.

Sappiamo anche del loro superiority complex nei confronti dell’Italia, originata da un contesto germanico sempre più potente a livello europeo, a partire dall’impero guglielmino e bismarckiano e da una speculare debolezza italiana. Lasciamo stare i discorsi sull’inaffidabilità italiana sul piano politico-militare che riempie di retorica molti panfletti.

Sappiamo anche questo: nella costruzione del trattato di Maastricht, i Tedeschi non desideravano che l’Italia fosse della partita, ma Confindustria tedesca, temendo un settore manifatturiero italiano secondo in Europa solo al loro (alla faccia di Francia, Inghilterra e della presuntuosa Spagna zapateriana), ha preteso che l’Italia partecipasse al Patto fin dall’inizio.

Fin qui cose note, penso, ma un aneddoto narrato con la consueta acre ironia iersera dal mio amico Bruno Tellia, che insegna Sociologia all’Università del Friuli di Udine, illumina ancora di più i retroscena.

Bruno si trova qualche anno fa proprio a Maastricht per un seminario e un tedesco, non ho capito bene se consulente di una grande struttura economica, pensando di essere simpatico racconta:

C’è un bando europeo per la ricerca molto ben finanziato e vi partecipano un tedesco, un francese e un italiano, che portano alla commissione esaminatrice i propri progetti per ottenere il finanziamento: ovviamente (! ndr) arriva prima il tedesco con una bordata di documenti e progetti alta venti centimetri e chiede tre milioni di euro; arriva il francese a mani vuote e, richiesto dai commissari se abbia qualcosa di scritto, ribatte che la storia della Francia è talmente grande e importante che garantisce di per sé la credibilità della richiesta, da lui sintetizzata in un foglio striminzito con la richiesta di sei milioni di euro; infine arriva l’italiano che mette i piedi sul tavolo come uno sceriffo, presenta un fascicolo tipo dox e chiede nove milioni di euro.

Richiesto circa la destinazione di tanti soldi, risponde: tre milioni a voi, tre milioni a me e tre milioni a un tedesco per l’elaborazione del progetto.

Allora Bruno si alza dicendo: non è vero che l’italiano mette i piedi sul tavolo, pretendo scuse formali o me ne andrò seduta stante. Non mancarono molte sentite scuse in cui il tedesco si profuse cospargendosi il capo di cenere (si fa per dire)“.

Grande parte delle cose che accadono nelle segrete stanze di guru, nani e ballerini della finanza globale di questa vera “terza guerra mondiale” ha a che fare con pregiudizi e furbate di tal genere, oltre a molto d’altro di iniquo e disdicevole.

Teniamo duro e tiremm innanz.

 

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