Dnepropetrovsk, Ukraina
Terra scura come nei racconti di Bedeschi e Rigoni Stern, scendendo verso la città. Scura e grassa la terra, feconda. Il volo da Vienna è puntuale, mi aspettano nella grande acciaieria che produce tubi per oleodotti e ruote di treno.
Alpini nella steppa e tra i boschetti nelle balke, che cercano di sfuggire al contrattacco russo, tra il dicembre ’41 e gennaio ’42, disfatta. Memoria.
Gli Ukraini ci vogliono bene per sempre, quella guerra non fu contro di loro da parte del Popolo italiano. Loro lo sanno.
Mi accolgono in amicizia, e si parla di Risorse umane, di spiritualità del lavoro, di ragioni esistenziali nel lavoro.
La fabbrica è bellissima, con servizi di alto standard, costruita dalla nostra amatissima Danieli. C’è anche il corridoio della meditazione. Si parla con il direttore di un primo seminario per capi giovani da tenere a gennaio, sulla qualità relazionale e sul suo valore fondativo di ogni collaborazione. Fuori pioviggina e viene ora di tornare, via Kiev.
Si passa sul Dniepr, potente, larghissimo, me ne parlava mio padre come di uno dei fiumi più imponenti d’Europa.
E di lì a Frankfurt viaggiando sopra la Polonia. Negli slarghi tra le nubi vedo in lontananza i Laghi Masuri, i Monti Tatra, Cracovia, il serpeggiare infinito della Vistola (la ricordo a Varsavia nel 1980 quando andammo con Roberto in Unione Sovietica con una Renault 4 blu).
Prima che l’aereo inizi la sua discesa, Dresda e l’Elba, e poi il giorno declina, strisce rosse a occidente, volo quieto verso Venezia. Una ragazza con suo padre viene da Kiev per la prima volta in Italia, e a Venezia. E’ come impazzita di gioia.
In due giorni cinque aerei e tre nazioni. Penso al tempo di altre storie, altre marce nella steppa a morire di freddo e di tristezza. Guerra maledetta. Coltiviamo questo tempo che ci fa dialogare costruendo il futuro.
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