Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

I cancelli del cielo

Il 14 luglio di otto anni fa ero sul Col du Galibier con Beatriz. Mi aveva accompagnato la mia bambina, perché ci tenevo a vedere una tappa del Tour de France, di cui mio padre aveva cantato quando ero bambino io. Era il 2005: avevamo visto l’imbroglione Armstrong transitare ai 2648 metri del passo, insieme con i migliori di allora. 4 gradi centigradi e lei che saltava qua e là per scaldarsi, dopo aver camminato per dieci chilometri dal Col du Lauteret fino al Galibier, senza lamentarsi. Nuvole vagule come anime blandule nell’azzurro.

Alexandre Vinokourov, il kazako, si era già involato per Briançon. Noi poi eravamo tornati da Grenoble per l’Abbazia di Novalesa, con sosta benefica “da Camillo”.

La mia bambina non aveva ancora dieci anni e mi incoraggiava, perché ne avevo bisogno.

Erano allora già passati otto anni da quando Pantani, proprio lì, in una giornata di pioggia battente se ne era andato lasciando Ullrich stremato, e a Les Deux Alps aveva conquistato la maglia gialla.

L’altrieri di nuovo il Galibier. Visconti che se ne va sul Col du Télégraphe e arriva fino a Les Granges, 2300 metri, alla targa che ricorda il malinconico Marco da Cesenatico. Memento Telegraph Road, di Mark Knopfler.

E ci credo sempre, che la bicicletta abbia una sua verità, che non ci siano imbrogli da parte di chi rende quasi l’anima ai cancelli del cielo.

 

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