La “preda-predatrice” talora è idiota
Noi umani non abbiamo canini adeguati per strappare la carne, non siamo predatori. Eppure comandiamo (a nostro modo) sul mondo. Quasi ubbidendo a Iahwe, il Signore Dio, che in Genesi (1, 26) affida a Adamo la creazione.
Siamo stati prede per centinaia di migliaia di anni, salvandoci con la fuga e… con l’astuzia, cioè con l’intelligenza. Con ciò che ci ha differenziato dagli altri grandi primati. Un giorno guardavo tre femmine di orango al Parco zoo di Roma, il loro sguardo era quasi umano.
Mangiamo carne e potremmo anche farne quasi a meno. Questo andavo pensando stamani mentre pedalavo per la Bassa. 55 kilometri con una bici “da viaggio”, ché i pantaloncini da corsa erano finiti. Alle prossima occasione l’esordio con la bici da strada, alla mia veneranda (?) età: oggi contavo di fare una novantina di kilometri…
Eravamo prede e abbiamo predato il mondo.
Giornata di Tour de France questa, 14 luglio come otto anni fa quando con Beatriz siamo saliti a piedi al Col du Galibier a 2646 metri dai 1820 del Col du Lauteret.
Oggi sul Mont Ventoux ha vinto Chris Froome lasciandosi dietro Quintana, Contador, Valverde e tutti gli altri.
Quello che colpisce sono ancora una volta i commenti dei cronisti televisivi: ancora divagano tra i toni adoranti e gli auspici di resa. I peggiori sono sempre Bulbarelli (che almeno è stato retrocesso nel backstage) e Cassani.
Parto dal secondo: per tutta la prima parte della salita al Monte Ventoso, era lì a elucubrare, anzi a divinare, su quando Contador avrebbe sferrato il suo attacco, ma quando Froome pochi minuti dopo ha lasciato sul posto Contador con una progressione imperiosa, ecco che subito Froome è diventato “padrone del Tour”, per il nostro commentatore. Dall’alfa all’omega in un nano-secondo: i toni poi, sdrucciolanti dal saputello nozionistico allo psicologistico della domenica. L’altro ancora peggio: quando l’inglese è arrivato in cima alla Montagna che è detta calva per le pietraie sommitali, ha cominciato a snocciolare i tweet imbecilli di tanti telespettatori insinuanti una quasi certa scorrettezza sportiva di Froome. Ambedue specializzati a correre in soccorso del vincitore di turno, salvo poi sperare che tanta gloria finisca. Questa è l’impressione che danno con il loro sproloquiare.
Meglio dare uno sguardo ai clip francesi che ricordano la morte di Simpson nel 1967. O affidarsi alla memoria: Francesco Petrarca che sale la Montagna del vento quando soggiornava in Valchiusa, nel 1337; o il Marco Pantani del 2000 che arriva primo battendo Armstrong.
Ancora un’occasione persa per il silenzio. Povera preda predatrice quando diventa idiota, meno male che poi torna la pacata riflessione e la memoria.
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