La strada, la vita
A mano a mano che ci si addentra verso la campagna le strade si fanno più strette, e la vegetazione avvolge colui che si fa di nuovo viandante. Si fa viandante perché la strada è come la vita, anzi è la stessa cosa, metafora e verità, anzi verità in quanto metafora.
Il rumore delle auto, sempre più rare, si allontana e il silenzio prevale. Il vento leggero muove fronde, e piccoli animali si fanno sentire. Case immerse nel verde di orti e coltivi si succedono verso la grande rosta del Fiume. Si pedala senza fretta, perché basta il peso di gambe allenate per procedere.
Ogni tanto una salitella impone lo sforzo, compensato dalla veloce inerzia della discesa. La strada che sale e che scende è sempre la stessa, cambia solo il verso del tragitto, così come ciò che si conosce si fa tutt’uno con chi conosce (idem est actus cognoscentis et cogniti).
Paesi silenti si presentano al viandante dalle brevi periferie e presto scompaiono. Acque verdissime vorticosamente s’affrettano verso l’altro fiume. Le ripe si chinano sui corsi d’acqua favorendo l’inchino all’acqua di salici e ontani.
Case di sasso hanno profondi cortili ombrosi dove cantano fontane. Il cielo di fine agosto dona azzurrità e vagamente nuvole.
L’incomprensibile senso si dipana nel viaggio, che si insinua nel tempo, come spazio. Che richiede tempo per essere viaggio.
Kristin Scott Thomas porta la figlia dall’uomo “che sussurrava ai cavalli“, nel Montana. Il viandante interpreta i segni per cercare il senso della vita.
Il viandante non ha cavalli, ma solo la bicicletta, e la bicicletta può andare, andare, ha ruote che svolgono circonferenze, 3, 14 per il loro raggio, per andare. Andare significa togliere il proprio peso e il proprio ingombro da un luogo, spostare il baricentro del mondo, per quanto poco, de-viare, cercando la diagonale, invece che l’angolo retto.
Le vecchie strade interpoderali sono parabole iperboliche senza assi cartesiani, come la vita. Niente 90° nella vita, ma mezzi toni, mezze tinte, a volte mezze calzette. Si va per le strade e si riposa nei crocicchi e nei bivi, cercando panchine ombreggiate.
Il corpo si sposta sfiorando le sponde dei fossi, mentre il sole cala oltre i filari di pioppi, traslucendo fra i tronchi allineati come soldati in parata. L’ingombro del corpo crea ombre, come ogni oggetto e soggetto, che è unico-io. Solo che a volte la consapevolezza di quest’io è traballante, di qualsiasi “io”, anche di quello del viandante, di quello della bimba in fondo al cortile.
Le nuvole alternano chiarità azzurrine e hanno forme, di teste cangianti, di fiori, di colli e montagne che lentamente s’inrosano, nella sera.
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