Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il “mito della taverna”

…o di “villettopoli“.

Il “mito della caverna” è raccontato all’inizio del libro settimo de La Repubblica (514 b – 520 a) dal sommo Aristocle, più noto come Platone: un passaggio fondamentale della teoria della conoscenza del nostro e della cultura occidentale.

Qui, però, parlerò d’altro, echeggiando, alludendo e scherzando su un’assonanza, anzi una rima: quella tra “caverna” e “taverna“. Dal “mito della caverna” al “mito della taverna“. Perché anche la “taverna” è diventata un mito, pur non avendo nulla a che fare con la latina “taberna“, l’osteria dell’antica gloriosa Roma imperiale.

Nella mia ricerca di una casa (sfrattato sono, come non pochi), visito qua e là le offerte.

In Friuli siamo pieni di villette con talora alto recinto e collinetta. E taverna. Della taverna non mi frega un c.. La aborro, perché ridonda, perché rappresenta un di più, perché spesso è interrata. Ne ho vista una che aveva le “bocche di lupo”, una cella, una cella di carcere.

Ma dai.

Il 65/70% degli italiani possiede una casa. Non è strano che vi sia stato questo gran can can sull’IMU. La casa io ce l’avevo a Rivignano, poi quando sono morti i miei l’abbiamo venduta. Oramai metà della mia vita è stata in affitto. E quello che mi resta continuerà così.

Tanto di là non si porta nulla, caro italiano, caro friulano “cul mal dal clap“. Ma senza problemi: va bene così.

Mi basta un posto dove stare all’asciutto, dove mettere i libri e studiare e pensare e scrivere, magari seduto fuori con i piedi nell’erba, ad aspettare che scenda il buio della sera settembrina, lontano dal traffico.

Mi basta un sedile, un tronco, un’ombra, un luogo in cui sostare prima di andare, senza peso, dove ab aeterno sono atteso.

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