Analfabetismi
Tullio De Mauro, interpellato dal mensile CON (settembre 2013) sul grado di alfabetizzazione degli Italiani, ci offre uno scenario da tenere in seria considerazione.
Dice: “Nella storia politica recente (XX secolo) si può dire che solo Giovanni Giolitti, Piero Calamandrei e gli altri “padri costituenti” erano sinceramente interessati alla cultura della nostra nazione, mentre gli altri hanno avuto e hanno in proposito idee molto vaghe, considerando la cultura e l’istruzione come una spesa, non come un investimento“. Che dire? Basta che guardiamo un qualsiasi talk show televisivo!
E aggiunge che le due indagini del 2000 e del 2006 sul grado di alfabetizzazione delle popolazioni occidentali hanno offerto feedback (anch’io uso l’inglese, quando è utile) generalmente meritevoli di attenzione. Le indagini hanno riguardato i due grandi ambiti macro-disciplinari della literacy e della numeracy, lo scrivere e il fare di conto, per cui, ad esempio, il Canada sta intervenendo in modo strategico.
E l’Italia? Le due ricerche rispondono che il 71% degli Italiani in età da lavoro (16-65 anni) “è al di sotto dei requisiti minimi per orientarsi nella vita di una società moderna“. Di questo 71%, “il 5% è costituito di persone prive di ogni capacità alfabetica, e il 33% di persone che non riescono a procedere oltre il primo questionario della ricerca. Sono persone tagliate fuori completamente da ogni informazione veicolata in forma scritta: avvisi al pubblico, cautele contro infortuni, tracciabilità di alimenti, indicazioni su medicinali, istruzioni per l’uso, giornali e libri“.
Conclude, rispondendo a chi gli chiede che cosa sarebbe indispensabile fare oggi in Italia su questo tema: “Semplice: diventare capaci di selezionare gruppi dirigenti sensibili ai problemi dell’arretratezza della popolazione e alle esigenze di sviluppo a medio e lungo termine … mentre le reti televisive si sono risolte da alcuni decenni a una corsa al ribasso (sicuramente dagli anni ’80) nella convinzione che l’indecenza sia attraente per il gran pubblico e porti pubblicità“.
Capisco allora molto bene, non solo il diffuso analfabetismo di ritorno, ma anche certe scelte politiche e legislative: qui abbiamo già parlato della riforma francese del diritto di famiglia, dove si è voluto sostituire i termini “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2“; i termini “marito” e “moglie” con “sposi“.
Ho sentito convenire sulla proposta francese anche la ministra Kyenge e il sindaco di Bologna, Merola, che vuole sostituire in questo senso i moduli anagrafici comunali.
Le parole gentili le ho già dette e le analisi socio-psico-filologiche fatte precedentemente, e qui non mi resta che imitare Vittorio Sgarbi, lasciando al gentile lettore scegliere le parole appropriate. Per quanto mi riguarda mi limito a dire che si tratta di “idiozia politicamente corretta“, ma cognitivamente malata.
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