Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Della coscienza

Un dibattito inesauribile fin dai tempi di Parmenide e Anassagora, che discorreva del noùs, come anima mundi, alla nozione di anima immortale del Fedone platonico, alla dottrina morale delle virtù in Aristotele, a Plotino, ad Agostino esploratore dell’interiorità.

Usando anglicismi contemporanei si può dire che la coscienza è servita (e si serve del), sia dall’hardware, sia dal software del cervello.

In precedenti post abbiamo ricordato come vi siano oggi due scuole di pensiero estreme, ciascuna delle quali ritiene rispettivamente, molto semplificando, che la coscienza sia solo hardware o solo software (“materialismo” vs. “spiritualismo“). E, grazie alla pazienza dei più, sappiamo che esistono molti altri studi orientati a faticosamente cercar di capire qualcosa di più tra questi due estremismi teoretici.

Si parlava con i colleghi di Phronesis del tema, concordando sul fatto che bisogna far dialogare tra loro tutte le scienze umane, sia quelle del plesso filosofico (filosofia, psicologia, pedagogia, antropologie, etc.), sia quelle del nucleo biologico e medico. Ne tratta un bel libro appena edito da Baldini & Castoldi è Nulla di più grande, di M. Massimini e G. Tononi.

I due studiosi hanno il merito di ricentrare il discorso sul tema della coscienza in modo scientificamente stringente. Le caratteristiche anatomo-fisiologiche sono fondamentali per comprendere come il cervello che è organo della mente, rende consapevoli, cioè auto-consapevoli. Le domande successive cui lo studio cerca di rispondere sono: la coscienza cambia nel tempo? E uguale in tutte le persone? Cosa si prova se si soffre di disturbi della coscienza? Quale è il rapporto tra coscienza e inconscio? E negli animali non umani vi è coscienza? E se sì, di che genere? Come funziona?

L’ho già scritto e lo riscrivo: ricordo gli occhi di Martina, Petronilla e Zoe, oranghe dello zoo di Roma, con cui ho scambiato sguardi per almeno una ventina di minuti. Mie cugine neanche tanto distanti, forse meno di mie cugine di sangue.

Tononi e Massimini sostengono che la dimensione di coscienza non può non avere una stretta relazione con le modalità della struttura talamocorticale, come organizzazione molecolare e atomica della materia. E tutto questo c’entra con il meccanismo del sonno, della veglia e del sogno, sia degli esseri umani, sia degli altri viventi senzienti, anche se con misure e modalità operative enormemente differenti.

Quanti temi bioetici solleva questo dibattito! Che coscienza resta in chi si trova in stato vegetativo persistente…? E chi mi conosce sa che quando scrivo queste cose penso alla ragazza Eluana, morta il giorno del mio compleanno quattr’anni fa, come se avesse voluto ringraziarmi di tutto. Anche solo perché avevo tanto pensato al suo stato.

Sto diventando materialista anch’io? Non mi sembra, nel senso elementare del termine, ma certo molto attento al fatto (argumentum certum et clarum) che noi “siamo il nostro corpo“, così come “siamo la nostra anima“.

Questi studi sono utili anche ai filosofi e agli psicologi che discutono e scrivono di “coscienza” spesso con un atteggiamento neurofobico e presuntuoso, come se la conoscenza fosse solo un fatto  monodisciplinare, e non l’infinita ricerca che annaspa e si ferma, riparte e conclude, per poi sempre indefinitamente ripartire per un viaggio che non finisce.

E non penso che tutto ciò collida od impedisca un pensiero sull’Infinito di Dio.

 

 

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