Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il Senso e il Valore

Dall’uso di ragione (più o meno) ciascuno di noi si chiede, magari implicitamente, il senso delle cose che fa, che ama, che pensa, che vede, che decide, che valuta, che lo affliggono… nel garbuglio commisto della propria vita con quella degli altri.

Il senso è la direzione significante, la dimensione attrattiva dell’oggetto di un desiderio o la credibilità di un ragionamento. Noi desideriamo beni e raggiungere scopi/fini materiali e intellettuali, emozionali, morali.

Di solito attribuiamo al senso anche un valore di qualche genere.

Il senso e il valore, dunque, sono inter-relati, anzi, sono quasi la stessa cosa, un po’ come la forma e la sostanza: il senso può corrispondere alla forma, così come il valore può corrispondere alla sostanza.

Per parlare del delitto di Pagnacco, l’uccisione della carissima Silvia, mentre correva incontro alla cerchia delle montagne friulane e al suo futuro. Del dolore immenso non riesco a parlare, né qui di un neologismo idiota come femminicidio.

Che cosa aveva nella testa Nicola Garbino quando le ha tolto la vita?

Qualcosa che avesse a che fare con il senso e il valore? Sta confessando di aver tentato un rapimento-lampo per denaro, ma, a fronte di una normale reazione difensiva, ha ucciso Silvia con un coltello che aveva con sé. Non si tratta di un predatore organizzato, di un serial killer, di un anempatico, ma di uno scoordinato e sgangherato uccisore casuale, anzi no: causale da mancanza di senso e di valore. Basta una metatesi morfologica della “u” per cambiare il giudizio.

C’era dunque un’ipotesi, la pre-progettazione di un possibile uso dell’arma? Gli inquirenti stanno facendo il loro lavoro, e vedremo gli esiti.

Quello che posso qui dire è un repetita: siamo di fronte a una gravissima crisi cogitativa generalizzata. Anche se, in Italia, rispetto a trent’anni fa gli omicidi sono calati del 70% su base annua (2000 circa nel 1985, 600 circa nel 2012).

Il dato socio-statistico dice e non dice: dice che vi è più controllo, meno criminalità organizzata omicidiaria, ma dice anche che vi è più follia in azione, follia da intendersi non come psicopatologia, ma come perdita o addirittura assenza di pensiero pensante, scollegamento tra “senso/valore dell’atto” e “sue conseguenze” in quanto valore.

Per soldi, incerti e di incerto importo, qualcuno dei nostri vicini di cortile può de/cidere di ammazzare un umano.

Non so se serve a qualcosa o a qualcuno, ma mi sembra che ci si debba fermare a pensare, senza fretta, senza scorciatoie argomentative, invocando e praticando le virtù di pazienza e di umiltà.

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