Belov
Scrive l’enciclopedia del web: “Sergei Belov was born in the village of Nashchyokovo, Shegarsky District, Tomsk Oblast, Soviet Union in 1944” and yesterday October 3, 2013, died.
Un salto all’indietro di decenni, caro viaggiatore notturno. Immerso nei sogni.
Quando noi ragazzini si giochicchiava a basket nei dintorni, Sergei era per noi nella luce del mito, assieme ai grandi slavi, a Cosic, Kicanovic, Dalipagic, Delibasic, Jerkov, Solman e…
Sergei era “normale“, 1,90 non palestrato, con uno stacco e tiro dirompente, uomo assist e visione. Lo sguardo sullo sviluppo dell’azione come schema neurale.
Giovani eravamo, serate di birra e angurie d’estate. La pizza da Nando, un giro in macchina con chi ce l’aveva.
Discorsi interminabili fino alla notte alta, se era venerdì o sabato. Qualche volta anche qualche tiro notturno al campetto di basket esterno, se i lampioni erano ancora accesi. Memoria e ricordo del tempo. Quelli che eravamo non so dove sono andati, ogni tanto ne intravedo qualcuno quando torno in paese. Il mio: quello che si chiama veramente “paese“. Una non-città, un villaggio, un borgo, un luogo spirituale pieno di bestemmie e pregiudizi, di slabbrate frasi in furlàn intraducibile. Borbottate fuori dalle osterie da Tilio, Bepo, Giovanin, Tite e atris c’a si cognosevin.
Era come se Belov fosse stato tra noi, un familiare, un maestro. Insieme a Hendrix e ai Cream. E a Leopardi che proponevo di leggere insieme, magari il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Dove siete cari amici di quelle serate quando non c’era fretta di andare via, né cellulari inquieti? Dove siete? Allora eravate lì, io con voi, concentrati senza fatica sul nostro stare insieme.
Nostalgia stasera, che s’insinua nella mia ragione dominante. Le energie infinite di quel tempo, ora si centellinano con cura, a pena di crollare. Amo e ricordo quei silenzi, lunghi silenzi delle pazienti attese nella piazza dei tigli.
Quando cantavamo Geordie e parlavamo di Sergei Belov, la meraviglia.
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