Il ponte di Solkan
Aldo Bauzon me lo indica dicendo “il più grande ponte ferroviario del mondo in pietra tagliata” costruito dopo la Grande Guerra a scavalcare l’Isonzo turbinoso (oggi le acque son piene di pioggia).
Il ponte di Solkan. Sembra il titolo di un film di guerra con Richard Widmark e Robert Mitchum. Lungo la strada in discesa vi è una villa padronale che sarebbe stata tagliata in due tra Italia e Jugoslavia, ma la contessa ottenne dagli Alleati e da Tito che il confine fosse spostato trenta metri più in là per non avere la cucina e il soggiorno in Jugoslavia e le camere in Italia.
Stiamo andando con Aldo e un suo amico a bere un taglio di Tocai al Castello di Kromberk, Montagna della Corona, appena al di là del vecchio confine. A Santa Gorizia si parlano da secoli almeno quattro lingue, l’italiano, lo sloveno, il friulano e il tedesco. E un dialetto veneto retaggio della Serenissima, che la domò, ma per poco e con difficoltà. Le persone che incontriamo sono di una sapienza antica.
Prima di metterci in macchina abbiamo camminato per la città più nascosta, fino a trovare una sequoia nel parco di Palazzo Attems di Santa Croce. Un gazebo liberty in pietra un tempo offriva riparo agli anziani che venivano lì a leggere i giornali disponibili in tre lingue. La piazza San Antonio presenta il chiostro dell’antico Monastero benedettino, antemurale di un Luogo dello Spirito, dove pregano le Clarisse. Si può entrare per una porta di legno ricoperta di piastre ferrose. Oltre la grata e i pesanti tendaggi “Salve Regina, mater misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra, salve…”.
Nell’osteria di Standerz incontriamo De Vittor, comandante di macchina dell’Explora, nave oceanica per studi di biologia marina. Gli dice l’amico “Te me ga mandà una cartolina dall’Antartide, no me desmentego, recordate de mi quando te andarà de novo in mar“.
La statua bronzea del giovane Michelstaedter sembra in attesa di un saluto. Santa Gorizia. Latinamente era detta Pons Aesontii, e poi fu villa denominata come “Goriza medietatem predii Solikano et Gorza nuncupatum“.
Verso la tarda mattina il cielo si è aperto sull’autunno.
I viali dei tigli sfumano gialli ocra e marrone nel nitore dell’aria.
A maggio il profumo pervade le antiche strade.
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