Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Camus

Caro Albert,

ti scrivo come ci fossimo conosciuti da qualche parte, (mi sarebbe piaciuto) e so che mi leggerai. Non ti conosco molto, ma comincio. Da giovane preferivo il tuo “poco amico” Sartre, ma ho cambiato idea, soprattutto per ragioni di simpatia e di corrispondenza di pensiero. Simpatia per la tua ricerca di trovare una ragione nella vita dell’uomo, oltre l’angoscia e il sentimento dell’absurdum, che a volte ci attanaglia in questo itinerario unico, a ciascuno di noi ineluttabilmente dato, ma sul quale possiamo qualcosa. Eccome!

Tu scrivevi:

« Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice. »
(Il mito di SisifoBompiani, Milano 1947, p.121)

Se Sisifo, una volta negato Dio, vede un mondo in ogni parte di esso e può sentirsi felice per il solo fatto di lottare contro il Dio-padrone, il nichilismo è già vinto anche se la sofferenza e l’ingiustizia continueranno a imperversare. Nell’Uomo in rivolta si legge:

« Oggi nessuna saggezza può pretendere di dare di più. La rivolta cozza instancabilmente contro il male, dal quale non le rimane che prendere un nuovo slancio. L’uomo può signoreggiare in sé tutto ciò che deve essere signoreggiato. Deve riparare nella creazione tutto ciò che può essere riparato. Dopo di che i bambini moriranno sempre ingiustamente, anche in una società perfetta. Nel suo sforzo maggiore l’uomo può soltanto proporsi di diminuire aritmeticamente il dolore del mondo »
(L’uomo in rivolta, Bompiani, Milano 1951, p.331)…E il tuo Nietzsche non è un maestro cui devotamente ci si genufletta: il miglior regalo che si fa al proprio maestro non è seguitare a ripetere la sua lezione, ma salpare le ancore verso il largo, quasi per distaccarsene, ma senza troppo dolore, ché il dolore è prezioso come le energie di cui disponiamo e che non dobbiamo scialare.

Il tuo Nietzsche non è lo sprezzante distruttore di ogni retaggio giudaico-cristiano, l’esaltatore di una forza superumana che si declina in violenza e sopraffazione, che peraltro solo ignobili vulgate hanno attribuito al diversamente pensoso Friedrich.

Caro Albert, il tuo “Uomo in rivolta” è il simbolo di un’esigenza immortale: quella di pensare, e di pensare con il proprio fardello di idee, fattesi tali nel tempo e tra gli altri, e nel mondo. Disponibili a cambiarle, ma dopo averle anche duramente difese, come struttura del nostro proprio essere.

E comunque pronti a salpare anche da esse, se ci accorgiamo che stanno soffocando l’infinito e insopprimibile anelito alla verità. Mare tempestoso e immenso, come la vita e come spero sia, senza tempeste, però, dopo la morte.

Il tuo e il mio, Albert, è un essere-per-la-morte senza lutti preventivi, sapendo che lo scorrere del tempo è solo apparente.

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