Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Commedia

Caro lettor serale,

traggo dal web alcune attendibili informazioni: “Una commedia è un componimento teatrale o un’opera cinematografica dalle tematiche leggere o atto a suscitare il riso, vertente assai spesso su amori controversi, perlopiù a lieto fine. Il termine ha assunto nei secoli varie sfumature di significato, spesso allontanandosi di molto dal carattere della comicità. La commedia, nella sua forma scritta, ha origine in Grecia nel VI secolo a.C.

La parola greca κωμωιδία (comoidia), che sembrerebbe derivare da κῶμος (kòmos), “corteo festivo“, e ᾠδή (odè), “canto“, indica come questa forma di drammaturgia sia lo sviluppo in una forma compiuta delle antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci. Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti, secondo Tito Livio, per scongiurare una pestilenza invocando il favore degli dèi. Non è però da escludere l’ipotesi secondo cui la parola derivi da κῶμη (kòme), “villaggio“, e ᾠδή (odè), “canto“, e quindi “canto del villaggio“, in quanto i cortei festivi, probabilmente dedicati al dio Bacco, si svolgevano in contesti rurali, quindi nelle campagne e nei villaggi. Per i padri della lingua italiana, il vocabolo indicava un componimento poetico che comportasse un lieto fine, e il cui stile fosse ‘medio’: doveva collocarsi a metà strada fra la tragedia e l’elegia.”

Vi è poi la “Commedia divina” che Dante ci ha consegnato, come canto del villaggio dell’uomo in cerca di Dio.

Riportato quanto sopra, mi chiedo chiedendoti: quali sono le commedie odierne? A che cosa stiamo assistendo quasi impotenti, impossibilitati, né a toglierci dal loggione, né a chiudere il teatro?

Do un occhio al miserando spettacolo della politica e dell’amministrazione della Res Publica Italiana, sì, ancora una volta, e non sarà l’ultima.

Siamo davanti a un teatrino perigliosissimo. Mentre il mondo s’arrovescia e cambia dai fondamenti economici, lavorativi, stiamo qui ad apprezzare la diatriba sul voto palese o segreto in Senato sul Cavalier dei tempi nostri. Osserviamo, noi incapaci di sottrarci al meteorico bombardamento di futili quisquilie, lo stracciarsi di vesti, sinceramente ipocrita, di Erinni redivive come Santanché, e severi sguardi come dal cranio-caparizzuto di Zanda. Ohimè! Ma vi è di peggio, bindiononbindi: in azienda arrivano controlli progettati in kafkiani corridoi malarredati da menti pervertite e da lettori di note a margine o istruzioni per l’uso di direttive e corrette interpretazioni della Legge. Lì bisogna pagare la sanzione perché si è fatta scorrettamente la partita di giro tra contributi dovuti in corso d’opera e denari da recuperare, perché versati in eccesso. L’azienda paga sanzione perché recupera il proprio. Follia, follia, follia.

I partiti fanno finta di volere la riforma elettorale, ma soprattutto ai due maggiori gli va bene, perché così a Roma si continuerà a decidere chi ci va e chi resta a casa.

Le pensioni d’oro e le altre prebende sono argomento di talk show, dove si esercitano falsari d’ogni risma, solleticati da conduttori milionari, e tali restano.

Andare via, è la tentazione, da questa Italia moritura. Ma poi si spera ancora.

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