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Intelletti in vacanza o vacanza di intelletti

ivanillichGender, genere, sesso, uguaglianza, nozze gay o fragorosamente -alla faccia di Wittgenstein- “matrimoni gay” dal significato nullo e dal segno aporetico, e via andando.

Ivan Illich, presente a un memorabile incontro a Città di Castello nel 1988 (o ’89, non ricordo bene), si chiamava Fiera delle utopie concrete, dedicato ai quattro elementi empedoclei, splendido ossimoro langeriano, io c’ero, ha scritto un testo ora pubblicato in italiano: Genere. Per una critica storica dell’uguaglianza (a cura di F. Milana, Introduzione di G. Agamben, traduzione di E. Capriolo, editore Neri Pozza, Vicenza 2013).

A suo tempo non molto compreso dalla femministe, che si battevano per l’uguaglianza dei diritti civili e sociali (sacrosantemente), ma non avevano ancora sviluppato la filosofia della differenza, ora Illich, come tutti gli eterodossi e politicamente scorretti, come Nietzsche e qualche altro, è utile per smascherare le anime belle, i buonisti e i nuovi bigotti del progressismo un tanto al kilo. Per costoro oggi non si deve più parlare di sesso o genere come differenza tra maschi e femmine, ma di gender come situazione intermedia, varia, omnicomprensiva, base per qualsiasi disegno culturale e normativo: dalla confusione terminologica sopra richiamata alla rivendicazione di prerogative genericamente declinate del tipo “la coppia gay può adottare“, come se fosse una coppia genitoriale composta dai due depositari dei gameti necessari alla generazione di un infante (spermatozoo e ovocita), ovvero, comunque, delle due declinazioni e assetti psichici del femminile e del maschile come simbolica della differenza e base naturale di una pedagogia equilibrata.

Per Illich il gender è certamente qualcosa di diverso dal sesso, ma non quello che ritengono sia i sopranominati benpensanti avanzati progressisti di sinistra. Il gender ha valenza culturale nella società iperproduttiva che ha generato un’uguaglianza disumana, contribuendo a disintegrare quel che resta della famiglia, mettendo in carriera schiere di donne, che riescono a diventare madri solo alla soglia dei quarant’anni, e se vogliono fare anche le madri, escono dalla competizione governata dai maschi dominanti, i silver back (o sé putanti tali) che comandano nelle aziende e nelle banche e ovunque…

La moda unisex ha devastato l’estetica e tramortito il desiderio, ed è frutto di questa con-fusione, di questa degenerazione del pensiero riflettente, conferma Illich. Lui era “di sinistra“, secondo lo schema binario degli incliti che dividono il modo come l’antico sacerdote Mani, ritenendo il bene e il male rigorosamente chiari e distinti a guisa delle idee cartesiane. Poverini.

La nozione di gender esprime, per Illich, una polarità sociale e collettiva, fondamentale. Ha a che fare con la cultura e l’organizzazione economico-sociale, non con la biologia. Se ben compreso permette di tornare alla differenza naturale esistente tra i sessi, superando il mondo neutro nel quale sono stati avviluppati dal modello culturale degli ultimi decenni.

Illich parla di un’ecologia politica radicale per superare gli stereotipi di un egualitarismo disumanizzante e alienante, marxianamente alienante.

L’asimmetria naturale dei sessi deve far recuperare la normalità di un equilibrio sempre da conquistare, che non può essere affidato a una legislazione ideologica o alla militanza un po’ tonta dei molti che hanno smesso di pensare, o non ce la fanno autonomamente, vittime di se stessi e delle mode imperanti, vittime della comunicazione perché resi incapaci di relazione.

 

 

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