…così recita un antico adagio induista, come lo propone Paramhansa Yogananda. Che significa? Che chi si somiglia si piglia, tradotto in detto popolare padano o giù di lì. Noto che spesso è verissimo, e specialmente negli ambiti dove si decidono le cose, nelle stanze del potere. Di questi tempi in particolare, ché prima d’ora le cose erano un poco diverse, la gente di potere si circonda solitamente di persone che un po’ gli somiglia, ma in sedicesimi, rifuggendo da chi potrebbe creare difficoltà, con una visione del mondo profondamente differente.

Un tempo era un orgoglio per l’esperto tirare su un allievo, farlo crescere, compiacendosi perfino del superamento di lui stesso, come maestro: oggi, nella competizione frenetica degli anni trans-moderni, si preferisce l’adesione alla linea dei capi, la critica corriva (contraddizione in termini!), il sostegno apriorico, il soccorso in aiuto del vincitore, almeno da noi qui in Italia, favorendo una progressiva mediocrizzazione degli ambiti, a partire dalla politica. In un frangente avrei potuto essere eletto sindaco del mio paese, se un potentato locale non avesse sabotato la mia elezione, temendo una mia ascesa potenzialmente capace di oscurare la sua, di immagine. Bene, anzi meglio così.

A me  è capitato non poche volte, anche recentemente di incontrare questo strano modo di pensare e operare. Vi sono persone che preferiscono veder fallire un progetto, piuttosto che dover ammettere un merito altrui, anche parziale, per la sua riuscita.

A voce, anche negli ambienti formativi aziendali, si proclama il principio del win-win (anglicismo che sta per “vinciamo insieme“), e poi in pratica non lo si pratica, se non quando si è sicuri di essere un po’ più vincitori degli altri.

Squallidino, vero?

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• Una domanda, compagno Fratojanni: se l’onorevole Salis, sfondando la porta, venisse a impadronirsi a nome di terzi bisognosi, di casa sua, onorevole deputato, lei cosa direbbe, cosa farebbe? Ebbene, le case milanesi di cui si parla appartengono a privati cittadini… stiamo forse abolendo la proprietà privata che, lo so dalla teologia e dalla filosofia morale classiche, non è un “assoluto” etico-giuridico (io lo saprei argomentare dialetticamente… e lei? e l’onorevole Salis? Dubito fortemente, ascoltandovi), ma comunque non può essere messa in discussione da un’iniziativa privata come è un’occupazione abusiva. O no? E, guardi, io ho una sensibilità non inferiore alla sua per i senza tetto, stia tranquillo. Potrei aggiungere qualcosa di biografico, ma non lo faccio (0)