Il suono della parola
La Parola è il Verbum, il Lògos, è la Mente e il Signore, dalla filosofia greca classica al Vangelo secondo Giovanni (1).
Per gli Ebrei la “parola” è la cosa stessa, specie nell’onomastica. Debora è “ape”, Sefora è “passerotto”, Jehoshua è “salvatore”, Josef è “Dio crea”. La metafisica un tempo (Aristotele) e la filosofia analitica oggi (ad esempio in Wittgenstein) hanno considerato la “parola” come medium e “luogo” veritativo del dire umano. Il modo con un suono, un segno e un significato per dire la cosa.
Avete presente i nomi delle persone? Incontrate un tipo antipatico che si chiama “così” e i prossimi con lo stesso nome vi risultano antipatici altrettanto, almeno in prima battuta. E devi sforzarti di cambiare.
Poi vi è l’aspetto onomatopeico delle parole, che nascono da suoni primordiali, ancestrali, come mamma (dall’atto della suzione mmm), e papà (dall’atto dello sputare ppp) dei bimbi infanti.
Quel nome, che suona così, mi piace, quell’altro, che suona colà, non mi piace.
Il suono delle parole ti dà l’idea del concetto, evocando qualcosa nella tua mente, a volte di inspiegabile. Il suono non ha un significato “logico”, ma ti appartiene, ti confà, per vie sconosciute e misteriose.
I nomi e le parole accompagnano la tua vita, scandendola, anche se non bastano: infatti, non possono sostituire i silenzi, gli sguardi, i paesaggi, i rumori, i tuoni, le campane della tua infanzia e quelle che ritrovi nell’infinito girovagare.
La parola ha sempre un suono quando la pronunzi, dicendo o leggendo. Ad esempio, se, caro lettore, dovessi chiederti che tipo d’uomo è Romoletto Balossetti, o, che tipo d’uomo è Ferdinando Pelandroni, che mi risponderesti?
Chi dei due è piccolo e rapido, e chi, al contrario, è allampanato e lento? Perché, nell’ordine sono quei due citati sopra? Perché è intuitivo?
Per qualche ragione neurologica e logica, senz’altro.
Così funzioniamo, anche.
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