Il tempo opportuno di Max
Mi piacerebbe essere il vuoto/ per potermi sempre riempire,/ per poter imparare come si vive,/ per capire il significato delle cose/ e per non convivere con la solitudine./
Mi piacerebbe essere la morte/ per potermi muovere di continuo,/ per trarre a me tutti i malvagi,/ per migliorare il mondo/ e per la paura di ciò che vorrei diventare./
Mi piacerebbe essere silenzio/ per non tapparmi mai le orecchie,/ per essere calmo, tranquillo e rilassato,/ per far tacere le guerre/ e fermare il rumore del mio cuore./
Mi piacerebbe essere colla/ per collegare i sogni di tutti,/ per assemblare e costruire la loro felicità,/ per legare due persone/ e per riparare il mio cuore infranto.
(Max Cacitti, marzo 2014)
Quello che canta Max…
…il vuoto, la morte, il silenzio e la colla vorrebbe essere: in qualche modo, stare-nell’assenza nei primi tre passaggi, per poi riprendere vita nella relazione. Vuoto-morte-silenzio e poi relazione. Ma anche il vuoto è in relazione con il pieno, anche la morte con il suo confine (non il contrario), che è la vita, anche il silenzio con il suono. E dunque, la colla è la relazione, è ciò-che-sta-nel-mezzo, indefettibilmente, indissolubilmente. L’ultimo verso parla di un “cuore infranto“: ebbene, ogni cuore umano si frange, se è di carne e non di pietra (san Paolo), e dunque, Max?
Queste parole mi giungono da un quattordicenne, suddenly… nel tempo opportuno, il kairòs dei greci sapienti. E lo metto qui, nell’universo web disponibile a chi vuole visitarci, ove accogliamo sconosciuti e conosciuti, da ogni dove, da ogni confine, dalle baie più remote dove giungono vascelli pieni di sogni, da città lontane oltreoceaniche, da villaggi romiti e remoti.
Ecco che il giovinetto giunge dal suo tempo, all’improvviso,
senza chiedere nulla.
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