Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il discorso della luna

la viaCari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’.

Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli.La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte.”

La sera del 11 Ottobre 1962, giorno di apertura del Concilio Vaticano II, una grande folla con le fiaccole si tratteneva tra Piazza San Pietro e Via della Conciliazione. Papa Roncalli era stanco, e voleva congedarsi dalla grande giornata. “Don Loris, disse al segretario mons. Capovilla, non ho la forza di dire nulla“, “Nessuno glielo chiede Santità“. Ma la curiosità contadina ebbe la meglio, il Papa fece aprire la finestra e si affacciò. Quello che successe è scritto qui sopra.

Certi fatti non hanno bisogno di commenti, perché possiedono luce intrinseca; non serve l’esegesi e la filologia per interpretarli, perché coincidono con la verità stessa. Non solo il discorso della luna, fatto da quest’uomo terragno e “santo” perché in qualche modo separato dall’ordinario, ma tutti i gesti, gli atti, i pensieri, le intenzioni che dicono il nostro cammino di ricerca, della nostra verità di esseri umani, anche nell’incertezza, nel dubbio, nel dolore, nella vita.

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