senti l’estate che torna
…eri tu che uscivi stamani dal sentiero di ripa del fiume Torsa, bicicletta a mano e retino da pesca, quello che usavi per le anguille? Eri tu? Stivali sotto il ginocchio per poter mettere i piedi in acqua e camicia a quadri, cappelluccio stretto, sguardo silente. Eri tu.
Io venivo dal Borgo rurale di Rivalta di cui mi avevi parlato, quattro edifici ancora robusti circondati da alberi di susino e di fico. Perfino un melo selvatico lungo la carrareccia. E l’antica chiesetta votiva della Beata Vergine dell’Annunciazione, costruita verso la fine del ‘400, dopo la fine del Patriarcato e l’arrivo dei Veneziani. Allora ivi era feudo del Conte di Gorizia, comes imperialis. Molti borghi e campagne erano rimasti infeudati alla casa d’Asburgo per interposta persona, nonostante la Serenissima, che si accordava a volentieri con chi le migliorava l’annona.
Poi risalendo ho incontrato un lacerto intatto della Silva Magna, dopo il Mulìn di Colò, in quel di Rivignano infra aquas. Turbinose smeraldine le acque del Taglio, mai da me visto da quella sponda da te raccontatami.
Il primo giorno dell’estate novella mi turba e mi fa ricordare. Ri-cordare, cioè “tornare nel cuore” attraverso la mente-memoria- Mnemosyne. Leggo che il mio essere tuo erede, maschio capace di procreare è tutta una questione di metabolismo del testosterone nel corso della mia gestazione. Avrei potuto nascerti femmina, a te e a Luigia, che mi ha portato sanissimo per nove mesi fino a questo mondo. E qui sono, sanissimo, ma pieno di contraddizioni e di domande, cui so rispondere meno che a quella dell’inizio. A quella ho già risposto.
Eri tu, Pietro, che vivi dentro di me nel tempo che passa e in questa estate che torna.
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