Il capo pauroso
Caro lettore estivo nel silenzio,
camminando pedalando stamani, per i paesi persi nella Destra Tagliamento, Volesòn, Dàrzin, San Martin e Domanins, par furlan, si parlava con l’antico amico Mario McPipett. Si parlava guardando ascoltando il paesaggio. Verde intenso tra i paesini e nella campagna. I discorsi vari intervallati dal silenzio. Tra questi, una riflessione sul “capo“, sulla leadership, sulla psicologia di chi conduce per ruolo e affidamento di responsabilità.
Condividiamo la metafisica della persona che distingue con rigore la dimensione personologica da quella contestuale: come persone abbiamo umanamente la medesima dignità, come potenziale e ruolo ognuno ha il suo. Facciamo esempi, tra un silenzio e l’altro. Ci raccontiamo esperienze: Mario, iscritto storico alla CGIL mi dice di non avere sopportato mai la confusione tra la trattativa sindacale, nella quale le parti hanno la medesima dignità, e quella organizzativa aziendale dove bisogna rispettare i ruoli, con rigore: per lui (e per me) il potere di gestire non si confonde mai con il riconoscimento del rispetto dovuto anche all’ultimo dei lavoratori, e non lo inficia.
Io racconto la mia esperienza: “Guarda, Mario, in generale è vero quello che dici, aggiungo però qualcosa. Nella mia vita non raramente mi è capitato di incontrare capi (attenzione, anch’io sono stato varie volte un capo, e in qualche modo ancora) paurosi del valore dei collaboratori o di eventuali compagni di strada“.
Mi sono trovato e mi trovo in situazioni nelle quali chi potrebbe utilizzare le mie conoscenze, talora preferisce evitarlo, pensando che una loro espressione potrebbe oscurare la sua immagine e la fama, magari interna e un ambiente limitato. Io non ho bisogno di spiccare per immagine, vivendo un’esperienza poliedrica e variamente declinata.
Quanto scrivo qui mi accade in vari ambienti, aziendali, politici, ecclesiali e anche -pur se solo in parte- accademici. Sorprende, ma non troppo, che accada anche in ambienti nei quali dovrebbe prevalere l’interesse dell’efficienza come quelli economici… eppure accade.
Meglio non dare troppo spazio a chi potrebbe oscurarti, se pure in parte, o poco, o limitatamente all’ambito interno. Se non necessario per proprio interesse, meglio escludere, ignorare, lasciar perdere chi potrebbe capir meglio, dir meglio, spiccare di più.
Questa è la paurosità del capo odierno, distante anni luce da un console romano, che metteva in gioco la vita, coeso con i commilitoni, senza retro-pensieri opportunisti. La paurosità fa tutt’uno con la miopia, con l’incapacità di visione, con l’egoismo, con la piccineria.
Con la miopia: un capo pauroso, prima o poi è destinato a vedersi sfrecciare a lato qualcun altro. Come è naturale che sia. Amen.
Post correlati
3 Comments
Leave a Reply
Capo pauroso e presuntuoso
Capo pauroso e … presuntuso
Condivido.