Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

il paradiso degli asini

asiniChi visita questo sito, potrebbe pensare a una nuova “tirata” (qui non rara) in chiave ironico-sarcastico-satirica, a un fescennino sfogatorio, a un divertissement respiratorio e liberatorio.

A una metafora, insomma, per rappresentare gli innumerevoli asini umani, che disonorano il nobilissimo quadrupede, impropriamente citato come figura retorica dei cretini.

Ma qui voglio veramente parlare del “paradiso degli asini”, come sosteneva esser anche il grande San Girolamo, oramai trasferito a Betlehem, dove era impegnato nella traduzione in latino del Vangeli. E anche l’amico don Luciano da Pordenone.

Infatti, questo prete intelligente e per nulla clericale, ricorda così, teneramente, il raglio di un asinello, della sua infanzia, chiamato Francesco. Ah, Francesco, in ogni senso che oggi capiamo meglio.

Il piccolino di Assisi e il Padre bianco di Roma.

Fatto sta che don Luciano scrive: “Lo chiamavamo Francesco, come il suo padrone, un contadinello nostro amico. Un piccolo asino bellissimo, con gli occhi dolci, paziente alle nostre prudenti carezze. Perché anche lui ogni tanto scalciava con le zampe di dietro. Ma credevamo lo facesse per farci ridere, perché rimaneva comunque buono. Anche quando tirava un carretto che il nostro amico attaccava di nascosto per farci salire e fare il giro della casa colonica. Terra, per noi, da Far West, vicina alla nostra abitazione popolare e di periferia, al confine con campi segnati da siepi che di maggio erano tutta una rosa. (…) E in queste notti l’emersione di ricordi per il raglio solitario e alto di un asino a segnare una notte di luna e di insonnia. Melanconico e insieme felice. Uguale a quello dell’amico Francesco. Forse ora lui più libero; già da tanti anni nel suo paradiso di animali” (Il Momento, Pordenone  Luglio-Agosto 2014).

E io gli vado dietro.

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