Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

campi quantistici covarianti

AndromedaDall’àpeiron di Anassimandro, infinito e indistinto, all’essere parmenideo, rotondo e immutabile, escludente condizioni di possibilità di qualsiasi non-essere, all’atomismo di Leucippo perfezionato dall’immenso Democrito, così come ce lo ha trasmesso Aristotele nella teoria della generazione e corruzione, e poi Lucrezio nel De rerum natura, al nouslògos di Anassagora, Platone e San Giovanni evangelista, a Brunetto Latini e al Paradiso dantesco, siamo giunti in un paio di millenni a Isaac Newton, mai troppo considerato per la sua grandezza.

L’uomo ha sempre cercato teorie unificanti di tutta l’incommensurabile realtà che osservava e contemplava: leggi unificanti, schemi e formule fisico-matematiche in grado di dar conto di come “funziona il mondo“, cercando di comprendere come le cose siano “diverse da come sembrano“. Cito quasi parafrasandolo il titolo di un libro (La realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose) che mi accompagna in questi giorni di riposo, di Carlo Rovelli, edito da Raffaello Cortina.

A p.167, Rovelli propone uno schema sintetico, partendo da Newton (XCII), che ha teorizzato la compresenza di tre dimensioni: a) spazio, b) tempo, c) particelle (gli atomi di Democrito), in cui sarebbe organizzata la realtà delle cose del mondo, ma, con Faraday e Maxwell (XIX), lo schema si è arricchito dei campi (elettromagnetici); Einstein (1905) ha collegato i campi allo spaziotempo (come unica dimensione per correlazione) e particelle; ancora Einstein (1915) ha completato modificando lo scenario in campi covarianti e particelle; Planck, Bohr, Dirac e Heisenberg (prima metà del XX) hanno proposto lo schema spaziotempo e campi quantistici; per finire con l’ultima ipotesi dei campi quantistici covarianti, di  vari.

In realtà, tutto sembra essere unificabile nella relazione. Nella relazione! Ma allora anche la realtà fisica funziona come quella spirituale. Se è vero che io mi conosco solo e solamente per rapporto all’Altro, partendo dal quell’altro che è il mio rispetto al mio io, allora anche il con-testo reale in cui sono immerso e che costituisco  con la mia essenza, è condizionato dalla relazione.

Il tempo e lo spazio sono relazione, sono reciprocità, così come ciò che intercorre, distanzia e avvicina due intelligenze, due personalità, due esseri umani. Se la fisica trova una sua unitarietà nel paradigma relazionale, è ancora più forte l’antica idea platonica, per cui la verità si ricerca solo e solamente con il dia-logo, o, per meglio dire, con Ricoeur, con il tria-logo, dove sta un soggetto (io), dialogante con un altro soggetto, (tu come un io), in presenza di un “lontano“, un terzo, un attore-spettatore che inter-ferisce e inferisce conoscenza dal tria-logo.

Il tema della finitezza che si pone con la fisica e la metafisica, si supera con la logica, con l’immaginazione matematica e con la fede, se si riesce ascoltare, anzi ausculltare, anzi obbedire (ob-audire) a ciò che proviene da Oltre.

E a volte anche solo da oltre la collina.

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