Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

I “capitani del bel tempo”

Spencer TracyVi sono persone in posizioni di responsabilità che navigano bene, brillantemente, soprattutto (o quasi solamente) quando “le cose vanno bene“, quando il vento soffia a favore, la strada è in discesa e le circostanze tutte favorevoli. Metafore ciclistiche. La prima domanda: questi responsabili c’entrano con l’andare bene delle cose? Se sono responsabili, certamente sì. Se ne deduce che “le cose vanno bene” anche grazie a loro, sì, ma non solo.

Diventa un guaio quando questi signori si attribuiscono tutti i meriti della positività, non condividendola, se non per finta, con chi li ha aiutati nel conseguimento del successo, e che spesso regge le fila dei processi più complicati e faticosi.

Non sempre, però, questi capi funzionano quando le cose vanno meno bene, cioè quando incontrano una salita impervia e vento contrario, e magari bufera e freddo vento in raffiche laterali: in quel caso alcuni diventano immediatamente ansiosi, perdendo lucidità ed efficienza, e manifestano sintomi di stress e insicurezze inaspettate.

Ci sono di contro, però, anche i troppo sicuri di se stessi, che non danno peso a circostanze e situazioni che stanno peggiorando, e con superficialità confidano nella soluzione delle cose, quasi che queste si possano aggiustare da sole.

I primi potrebbero essere chiamati “capitani del bel tempo“, quasi come i marinai che sanno governare la nave solo con il vento in poppa o comunque in assenza di tempeste. Di questo idealtipo weberiano troviamo esemplari ovunque.

I secondi sono invece improvvisatori fiduciosi e a volte “fortunati”, ove esista un’entità definibile come fortuna. I Greci antichi la chiamavano “sorte, ventura” (la “tùke“), con un’accezione neutra, cioè né positiva né negativa: ai Greci non serviva la nozione di fortuna e del suo contrario sfortuna, forse perché basavano di più la riuscita della ventura umana sull’ausilio degli dei, se -però- invocati dall’uomo virtuoso. Anche di questo secondo idealtipo v’è larga messe.

E poi ci sono, naturalmente, i capitani che riescono a veleggiare nel buon tempo senza esaltarsi, e anche nella tempesta, senza deprimersi. Li troviamo dappertutto, in ogni ambiente: ebbene sì, perfino nella politica, gente come Adenauer, Nenni, Havel… e nell’imprenditoria (qui potrei fare non pochi nomi), nel lavoro dipendente e nelle libere professioni (e non mi basterebbe l’intero cyberspazio), nel cinema (vedi Spencer Tracy in Capitani coraggiosi).

Sentivo oggi per radio una notizia benedetta: che la ministra Madia ha tagliato il 50% dei permessi sindacali retribuiti del pubblico impiego, pari a circa 50 milioni di euro di risparmi (calcoli della Corte dei Conti). Brava. Subito dopo, in diretta, le querimonie del responsabile della contrattazione pubblica della CGIL, Michele Gentile, che ha farfugliato: “Non è mica vero che si risparmia, ovvero solo nella scuola, perché bisogna nominare i supplenti degli insegnanti chiamati in distacco sindacale… eppoi si sono lese le libertà sindacali (!!!)”. Il giornalista gli ha replicato (debolmente) che comunque è un risparmio, ma io gli avrei detto: “Ma scusi, allora il lavoro mancante delle migliaia di distaccati del pubblico impiego non scolastico è nullo? Perché se non occorre nessuna supplenza per chi va in distacco, costoro facevano così poco lavoro da potersi assorbire da parte di chi in ufficio restava… o no?” Mi sarebbe piaciuto vedere il patetico arrampicarsi sugli specchi di costui.

Ebbene sì, io ho conosciuto quel mondo in prima persona, e confermo quanto si deduce sopra. Se dovessi dare un titolo a questi grandi lavoratori li chiamerei, appunto “capitani del bel tempo“, o lavora-tu-che-a-me-viene-da-ridere.

Con alcune eccezioni, tra quelli che ho conosciuto, che ben ricordo e che, se mi leggono, saluto di cuore.

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