L’elogio della lentezza
ti scrivo soddisfatto di avere visto il mondo immenso da una cima, dal Monte Cuar, quinta solitaria, avamposto prealpino che dà sulla pianura e sul grande alveo del Tagliamento, lasciando intravedere il lontano luccichio del mare, perfin oggi, giornata settembrina infreddolita e silente. Visto il mondo e ciò che è tanto più grande e prima di noi: la montagna, gli scoscesi declivi, le acque lontane del torrente-fiume, il lago cristallino, occhio turchese dei tempi glaciali, animali, grandi uccelli in volo, i grifoni, e l’impenetrabile intrico di navate sacre della faggeta. La natura è sacra, cioè separata, la roccia è cratofanica, il cielo sconfinato e marezzato di nuvole vaganti… noi piccoli piccoli, lenti, deboli, cagionevolmente fragili e intelligenti, talora.
Stephen Jay Gould declina modo suo ( Cf. in Ontogenesi e Filogenesi) il racconto genesiaco della creazione. Lo sintetizzo parafrasando Lamberto Maffei (in Elogio della lentezza, Il Mulino, Bologna 2014).
Gould dice che Dio, dopo avere creato il mondo, separando il cielo dalla terra, le acque superiori da quelle inferiori, tutte le specie vegetali e animali, si soffermò a pensare a chi avrebbe potuto affidare un mandato su tanta meraviglia, e creò un embrione, il quale, a differenza del tripudio di tutti gli altri viventi, se ne stava silenzioso e appartato. Allora Dio gli chiese il perché e che cosa volesse; e l’embrione rispose che lui voleva restare sempre così o tuttalpiù arrivare ad essere solo un piccolo bambino.
E Dio lo accontentò, dandogli una crescita più lenta di tutti gli altri viventi, cosicché il piccolo essere crebbe con grande lentezza sviluppando un cervello capace più di qualsiasi altro di fantasia e immaginazione. Questo piccolo essere migliorò lentamente le tre capacità che Dio gli aveva dato in potenza: quella motoria, quella sensoriale e quella cognitiva. Poi, sempre lentamente si formò come essere umano e riuscì, essendo più intelligente degli altri animali, a dominare il mondo, con alterne vicende, spesso comportandosi come un predatore, ma anche capace di altissimi pensieri, persino in grado di ricordarsi del suo Creatore, capax Dei, diceva dell’uomo uno di questi esseri tra i più intelligenti (Sant’Agostino).
Ma questo essere umano vive, e vive sempre più a lungo, e invecchia pure. A questo pensavo mentre scendevo lentamente in mezzo al bosco con Luca e Paolo. E mi allenavo mnemonicamente per rinfrescare le sinapsi, consapevole che, come cresciamo lentamente, lentamente andiamo incontro ogni giorno, ogni ora minuto e secondo a ciò che stiamo diventando.
Il dono di Dio è di rispettare questo itinerario fino in fondo, mentre a occidente le nuvole si striano dei colori caldi della sera che viene.
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