Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

E’ un vizio per niente “americano”

invidia_aecaro lettor mio,

…quello dell’invidia, classificato dai moralisti antichi e moderno come il secondo più grave dopo la superbia (il caput vitiorum, secondo Gregorio Magno), vizio studiato a fondo da San Tommaso nella Summa Theologiae (cf.  II-II, q. 36, a.1, s.c.) come: “Rammarico e risentimento che si prova per la felicità, la prosperità e il benessere altrui, sia che l’interessato si consideri ingiustamente escluso da tali beni, sia che già possedendoli, ne pretenda l’esclusivo godimento (…) è il desiderio frustrato di ciò che non si è potuto raggiungere per difficoltà o ostacoli non facilmente superabili, ma che altri, nello stesso ambiente o in condizioni apparentemente analoghe, ha vinto o vince con manifesto successo.”

In Dante si legge:

Fu il sangue mio d’invidia sì riarso/
che se veduto avesse uomo farsi lieto,/
visto m’avresti di livore sparso.
(Purgatorio, XIV, vv.82-84).

Nel titolo scrivo: “Un vizio per niente americano“, e perché? Perché gli americani U.S.A. non sprecano energie nell’invidia, ma operano, operano spesso in team, lavorando coesi, l’uno per gli altri e viceversa. Un esempio? Il progetto comune docenti-studenti dell’Università di Stanford che ha portato alla nascita di Google di Page  e Brin, e altri numerosissimi che si possono trovare sul web.

Cosa facciamo invece noi in Italia: ci chiediamo che c. vuole quello, ma chi crede di essere, ma ma ma, e giù impedimenti dirimenti, clausole vessatorie, rallentamenti burocratici, inghippi e cavilli promossi da gente garantita che aborre ogni innovazione, ogni crescita fuori (dal suo) controllo.

invidiaNoi temiamo il successo degli altri, ci dà fastidio, lo vorremmo noi escludendo loro. Dopo la superbia, che è un delirio di onnipotenza e schiude le porte a ogni male, ecco che c’è l’invidia, da non mai confondere con la gelosia, possibile fomite di positiva imitazione.

Che altro dir, se non che abbiam bisogno di riflettere, oltre che sulla crisi economica, anche sulla crisi antropologica che ci attanaglia e ci indebolisce, ogni giorno che passa, quando indugiamo nel vizio qui trattato e non riusciamo a toglierci dal suo viluppo degradante, toglitore di potenza e volontà positive.

Girare pagina e verso, verso un rinfresco delle menti e dei cuori, guardando con occhio diverso, non di mal-occhio dunque, gli altri, l’altro, chiunque, mio pari, mio fratello di natura, altro-io.

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