L’imperatore Claudio così parlò al Senato di Roma
…brano tratto da Tacito (Ann. XI, 24)
“I miei antenati, il più antico dei quali, Clauso, di origine Sabina, fu contemporaneamente accolto nella cittadinanza romana e nel numero dei patrizi, mi esortano ad adottare i criteri da loro seguiti nel governo dello Stato, trasferendo qui quando si può avere di meglio, dovunque si trovi. Non ignoro infatti che i Giulii furono fatti venire da Alba, i Coruncani da Camerio, i Porci da Tuscolo, e per lasciare da parte gli esempi antichi, furono chiamati a far parte del senato uomini provenienti dall’Etruria, dalla Lucania e da tutta l’Italia e, da ultimo, i confini dell’Italia stessa furono estesi sino alle Alpi, perché non solo i singoli individui, ma interi territori di popoli si congiungessero in un solo corpo sotto il nostro nome. All’interno si consolidò la pace e all’esterno si affermò la nostra potenza, quando si accolsero nella cittadinanza i Transpadani e l’insediamento delle nostre legioni in tutte le parti del mondo ci offrì l’occasione per incorporare nelle loro file i più forti dei provinciali e dare così nuovo vigore all’impero esausto. Ci rammarichiamo forse che siano passati tra noi i Balbi dalla Spagna e uomini non meno insigni dalla Gallia Narbonese? I loro discendenti vivono tuttora e dimostrano di non amare certo meno di noi la nostra patria. Per quale altra ragione decaddero Sparta e Atene, pur così potenti sul piano militare, se non per aver bandito da sé i vinti quali stranieri? Ma l’accortezza del nostro fondatore Romolo fu tale che molti popoli ricevettero da lui la cittadinanza nello stesso giorno in cui ne erano stati vinti come nemici. Su di noi hanno regnato re stranierie la concessione di magistrature a figli di liberti e non è una novità dei nostri giorni, come alcuni credono erroneamente, ma una pratica seguita dai nostri antichi (…), o senatori, tutto quello che oggi si crede antichissimo, un tempo fu nuovo: le magistrature prima riservate ai patrizi passarono ai plebei e dai plebei ai Latini e infine agli altri popoli d’Italia. Anche questo provvedimento diverrà un giorno antico e ciò che oggi noi sosteniamo con esempi precedenti sarà anch’esso annoverato tra i modelli.”
L’imperatore Claudio non è passato alla storia come uno dei capi romani più brillanti, tant’è che Augusto temeva per la sua debolezza e il suo futuro, come si evince dalle lettere che scambiava in famiglia. In ogni caso Roma era una realtà tale da far sì che comunque emergessero posizioni e considerazioni civilissime e aperte come quelle sopra riportate.
Un altro elemento per dissentire fermamente dalla fin troppo celebrata Simone Weil che paragonava lo stato nazista all’Impero romano, con un’arbitraria e ingenerosa approssimazione.
Legga le parole di Claudio chi ritiene alcuni popoli o culture superiori alle altre. Le leggano i fanatici, i razzisti naturali e quelli “di ritorno”, le leggano i violenti e i semplificatori concettuali, le leggano coloro che si informano a senso unico.
Leggano la lezione di Claudio, con un po’ di umiltà e di disposizione d’animo a comprendere la complessità delle cose umane e del mondo.
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3 Comments
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Sempre attuale potrebbe essere tale alto pensiero a considerare gli altrui come pari.
Magari solo se guidati dalla ragione e buon senso nell’osservazione delle leggi.
Non è così.
Discorso di Claudio è notevole per la sua validità universale a favore di società aperte e amanti della pace tra i popoli.
Grazie Alessandro. Se il mio sforzo di proporre riflessioni utili anche ai nostri “difficili” tempi produce la sua attenzione, mi conforto e mi confermo a continuare in questo sforzo. Buone giornate, renato