Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

il valore creativo della parola

 echiCaro lettor del mattino,

altre volte qui ho parlato del Lògos greco o del Verbum. La Parola. Un termine che nella filosofia greca, fin da Anassagora, ha assunto un’importanza centrale come entità creatrice, e nella Scrittura cristiana fondativa (vangelo di Giovanni) come figura del Figlio, il Verbo. In Genesi 1 troviamo il “bereshit barà (da dabar, parola) elohìm“, cioè in principio Dio creò. Il “dire di Dio” è dunque parola creatrice. Dire è creare. Dire è dare alla luce non solo concetti come species expressae, cioè come idee razionali, ma provocare o causare anche i loro effetti pratici e psicologici sugli uditori o sui destinatari della parola.

La parola è un mezzo essenziale della comunicazione e quindi è informativa, ma è anche elemento di trasformazione della realtà: pertanto è anche per-formativa. Essa cambia la realtà, a partire dai livelli e dalle condizioni psico-neurologiche dell’individuo soggetto-oggetto del flusso della parola.

La parola dice la cosa, anche se non mai del tutto, la parola inventa significati a seconda del parlante e dell’uditore. Tutti siamo “uditori della parola” (Cf. in K. Rahner). La parola ha bisogno di un uditore che ne ricerchi il senso mediante l’interpretazione, ché il significato è solitamente già convenuto tra i parlanti, come convenzione e come accezione (Cf. in L. Wittgenstein).

La parola esprime concetti e fonda narrazioni. La parola ferisce ed esalta, conferma e disdice, loda e biasima, conferma e smentisce. Ogni sua azione rimane per sempre, come la parola definitiva della creazione “barà”.

La parola chiarisce e annichilisce, è capace di insulti e blandizie. A volte è vera, talora è men vera, talaltra è falsa, nel senso che dice il falso. Ricerca la verità e predica la menzogna. E’ univoca, plurivoca, equivoca, polisemica. La parola è ingannevole e convincente.

La parola male usata fa danni, a volte ingenti, in qualche caso irreparabili. La parola assolve e condanna, consola e affligge. La parola doma e incita, oppure chiama. A volte esagera oppure latita scomparendo.

Vi sono popoli che dicono tante parole, sempre qualcuna in più, altri popoli che dicono poche parole, anche meno del necessario. Così anche le persone: vi sono quelle loquaci, velocemente parolaie, a volte divertenti e più spesso pesanti; quelle che mormorano e quelle che invece di parlare emettono brevi fremiti o mugugni, per assentire o negare.

La parola ravviva la persona triste o la rattrista se male adoperata. La parola è spada e flagello, ma può essere acqua sorgiva, dove abbeverarsi, come alla sorgente, e dissetarsi.

La parola illumina i percorsi e a volte li oscura; la parola minaccia e rassicura, a volte freme lì lì per esplodere, e altre volte si affievolisce fino a scomparire.

La parola crea compiacimento e dolore, la parola reclama. A volte reiteratamente, a volte inutilmente, e allora si allontana, anche se persiste.

La parola è sovrana. La parola è umana.

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