Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Un politico ignorante

Erich FrommOra il sindaco di Roma mette il suo autografo su un registro comunale per attestare in qualche modo l’avvenuta unione tra due persone dello stesso sesso, addirittura sedici ieri. Non che tale atto abbia valore giuridico-legale, ma tanto è. Mi pare solo che non abbia avuto l’impudenza di chiamarli “matrimoni”, perché un residuo di etimologia classica gli alberga ancora nel capo.

Ripeto ancora: queste persone hanno diritto alle stesse prerogative civili e patrimoniali delle coppie etero, siano queste famiglie o “di fatto”, ma non alla dizione “matrimoniale” e, a parer mio, all’adozione di bimbi che non siano frutto di precedenti storie “feconde”: come dobbiamo chiamarle, “etero”? “normali”?, oddio no, altrimenti vengo fulminato dal  pervasivo “politicamente corretto”, e allora dico “naturali”, visto che la legge italiana ha superato i vincolo del concetto di “legittimità” (e condivido).

Ciò che invece stroppia sotto il profilo logico-concettuale è il suo richiamo al “diritto all’amore”, che tutti avrebbero.

Vediamo: che cosa è un “diritto”? Oltre ad essere topologicamente il contrario del “rovescio”, oppure un colpo del gioco del tennis, almeno dai tempi di Hammurapi (XIX sec a. C.), del Decalogo biblico (XII-X sec a. C.)  e delle Dodici tavole romane (V-IV sec a. C.) e fino alla giurisprudenza moderna e contemporanea, è un qualche cosa che afferisce alla vita dei singoli cittadini e delle comunità (città, stati, etc.) in termini di prerogative ispirate da una certa etica della vita e della umana convivenza, e da una cogenza, per conseguire il bene comune e quello individuale.

Ora, l’amore si può annoverare tra i diritti? Certo è che l’infante messo al mondo “ha diritto” ad essere accudito e amato, anche perché non è stato interpellato per decidere se farlo venire al mondo o meno, ma, detto questo, un adulto ha “diritto all’amore”, come alla casa, al lavoro e alla salute, così come prevedono i codici moderni, ma solo dalla Rivoluzione francese?

L’amore è un’altra cosa. L’amore è spirito di desiderio, è spirito di vita, è attrazione, è intensificazione solidale, è il motore del mondo, non un diritto, dottor Marino!  Legga, di grazia, il Simposio di Platone, e rifletta sulle parole di Diotima. Si degni di leggere il Commento al Cantico dei cantici del Maestro alessandrino Origene, legga legga, prima di parlare di “amore” come diritto.

O magari anche l’Erich Fromm de L’arte di amare (Mondadori 1963), o la dottrina dello “stato nascente” di Alberoni (in Innamoramento e amore, Garzanti 1979), che esplora l’amore giovane e iniziale dell’innamoramento… chieda ai ragazzi, ai giovani se pensano che l’amore sia un diritto. Chieda chieda. La guarderanno con occhi increduli e, forse, impietositi.

Non so perché si debba fare le cose giuste esagerando o, come in questo caso, in modo approssimativo.

Diamo, se si vuole, una sterzata verso la pazienza dell’apprendimento perenne, per combattere l’ignoranza che, come spiegavano i maestri classici (da Aristotele a Kant), in questi casi è colpevole.

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