Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Tempi difficili

Charles DickensCharles Dickens scrisse e pubblicò Hard Times, Tempi difficili, nel 1854. Aveva appena visitato alcune fabbriche a Manchester e verificato le condizioni di lavoro degli operai, ai limiti della sussistenza, e così aveva deciso di criticare il comportamento dei capitalisti industriali del tempo e le dottrine utilitariste à la Bentham, che riteneva egoiste e classiste. In quel periodo aveva dato anche una mano al nostro Mazzini, autoesiliatosi a Londra perché ricercato dalle polizie di mezza Europa.

Cito Dickens solo en passant, tanto per iniziare, poiché intendo dire che anche questi nostri sono tempi difficili.

Sono difficili per tante ragioni.

L’incremento demografico da un lato e la divisione delle risorse mondiali non vanno di pari passo: un miliardo di persone (il 12/13% della popolazione del pianeta) soffre la fame e non ha accesso a una quantità d’acqua sufficiente ad una vita sana; vi sono guerre endemiche, complesse, storte, asimmetriche, con amici infidi che tramano alle spalle e nemici sempre cangianti; vi è un prevalere della finanza semi-anonima sull’economia d’impresa, che è foriera di conseguenze inopinate e dannose sul lavoro e sull’occupazione; la politica da tempo non assolve a quel ruolo primario di conduzione delle comunità verso un bene pubblico equilibrato e condiviso; si uccide in nome di un “dio” disumano e crudele; si reagisce talora come democrazie incerte e malate di cinismo (Tony Blair e la guerra bushiana dell’Irak); ci si illude che facili scorciatoie risolvano problemi secolari (primavere arabe); il  sistema massmediatico pervade le coscienze e le facoltà cognitive dei più deboli; una violenza amplificata si abbatte cotidie (mi viene da ridere nel ricordare la pronuncia di tale parola latina da parte di un’intellettuale friulana che se la tirava molto: cotidì, alla francese, umanista che ignorava la sua latinità, che significa ogni giorno) su di noi; vi è un indebolimento del pensiero pensante, ed è la più grande tragedia del nostro tempo.

Ma ciò che più (mi) amareggia è talora il comportamento di alcuni che ti sono vicini, con cui a volte lavori, sulla cui lealtà e trasparenza conti, irriducibilmente speranzoso, e invece non è così, perché la dissimulazione dovuta alla convenienza, ti fa scoprire altro.

Senza speranza, dunque, in questi tempi difficili? No. No, passerà anche questo tempo, anche per i vili, i violenti e i parassiti, per i disonesti e i finti, per i maldicenti e i presuntuosi, per i prepotenti e i vanagloriosi.

Passerà. Anche per i piccoli mestieranti della sopravvivenza e gli imitatori mediocri dei loro padroni.

Amen.

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