La piazza e la stazione
Ciò che mi disturba, ovviamente (anche per la mia biografia), non è la piazza San Giovanni piena di gente e bandiere, che nella storia italiana, come tante altre piazze del mondo per le diverse nazioni, è stata molto importante, ma la sua presunzione e il potenziale illusorio. Non sto parlando del milione di persone (di più, di meno? non importa) che ieri hanno sfilato per Roma, chiamati dalla Cgil a protestare contro le misure sul lavoro impostate dal Governo. Sto parlando dei gruppi dirigenti, sia di quel sindacato (gli altri sindacati non navigano in acque di consapevolezza molto migliori, e questo non è “mal comune mezzo gaudio”), sia dei politici pidini presenti, lasciamo stare quelli di Sel, che stanno su una nuvoletta di noiose narrazioni.
Quei signori e signore, non so quanto consapevolmente (a volte nutro seri dubbi sulla loro lucidità), hanno fatto rimbombare parole illusorie e menzognere, sia quando hanno espresso giudizi sulle ipotesi riformistiche del lavoro governative, sia quando hanno “minacciato” tuoni e fulmini (sciopero generale) per cambiare radicalmente la manovra, e per una ragione molto semplice: costoro stanno ormai rappresentando quasi solo se stessi, e poco e male anche quel “milione” di persone generose della piazza, le quali, ahiloro, sono una minoranza della minoranza dei lavoratori italiani.
Se i capi della manifestazione romana, a partire dalla tristissima, per voce, sguardi e concetti espressi, signora Camusso, sono in buona fede, li perdoniamo, ma sono inadeguati; se invece al contrario conoscono la situazione, sanno di mentire e recitano una parte in commedia, sono degli irresponsabili.
Il mondo e l’Italia stanno andando da un’altra parte.
E veniamo alla stazioncina dismessa di Firenze dove il capo del Governo ha riunito una convenzione. Non so bene che cosa è stato detto; ho sentito i toni, che non mi sono parsi radicalmente alternativi né ostili alla piazza romana, e neppur miracolistici o particolarmente guasconi. Mi sembra che si stia imboccando una strada ragionevole sulla quale perseverare.
Ora è tempo di tenere duro con tutti quelli che nulla vogliono cambiare, come i burocrati europei in dismissione (Barroso, hidalgo stagionato, grasso e borioso), come i burocrati italiani impauriti dal cambiamento, come le “bindi” e le altre madonnine infilzate di una sinistra spaesata e afona.
I ragazzi e le ragazze di oggi si aspettano che facciamo qualcosa per loro, smettendola di pensare solo a chi, bene o male, garanzie e diritti acquisiti, in tutta la loro dubbia valenza etica, lì ha già portati a casa.
Io lo debbo a mia figlia Bea e a tutti i ragazzi e ragazze che incontro nelle aziende che seguo, e nei corsi a me affidati.
Occhi pieni di speranza, più passione che virtù teologale, ma ora va bene così.
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