Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Senza Dio…

ethics…qualsiasi cosa è possibile, secondo Dostoevskij, anche vendere donne e bambini, come stanno facendo, leggiamo sul web, i campioni di umanità dell’Isis. Evidentemente secondo il loro “Dio” è non solo possibile, ma anche “buono”. Lo scrittore russo paventava un mondo privo della nozione di Dio, libero, si fa per dire, di ritenere plausibile ogni scelta morale. Un campione di questo pensiero è H. Tristam Engelhardt jr. (lo leggo sull’ultimo numero di “Notizie di Politeia”). Per questo “moralista” ci può stare qualsiasi scelta, ché nessuna è a priori moralmente inaccettabile, posto che sia lo Stato ad assumerla come linea giuridico-legislativa.

Come è possibile ritenere che il fondamento morale possa essere determinato da qualsiasi norma “positiva? Pare che anche per un pensatore come Rorty, in questa postmodernità il buono e il giusto possano essere recuperati dalla “tradizione” che diventa diritto. Di quale “tradizione” si tratta? Chiederei a Rorty e a Engelhardt se funziona così anche se parliamo della tradizione tribale della mutilazione dei genitali femminili.

Se invece parliamo della tradizione cristiana, ebraica, islamica, buddista, confuciana, taoista, e di altre sensibilità filosofico-religiose antiche, attente all’uomo e alla natura, allora condivido.

Torno a un tema che mi è caro: temo che queste posizioni siano frutto di un rallentamento cognitivo, nientemeno. Una riduzione dell’uso di intelligence, che va utilizzata nello stesso modo, sia che ci si occupi di Naturwissenschaften, come definiva Dilthey le “scienze della natura”, sia che il nostro lavoro si occupi delle Geistwissenschaften, o “scienze dello spirito”. Così la pensano Dario Antiseri e Adriano Soi nel loro Intelligence e metodo scientifico (Rubbettino, Roma 2014). Condivido.

La logica argomentativa deve funzionare in ogni atto del nostro pensiero, magari corroborata dalla nostra disponibilità a interpretare l’infinita possibilità espressiva della realtà, che si manifesta, sia nel nitore dei fenomeni, sia nel chiaroscuro delle metafore, come insegnano Ricoeur e Pareyson, cui mi piace riferirmi spesso.

Non possiamo pretendere di conoscere la verità nella sua rotonda interezza, ove mai si possa dare, ma verità locali, verità in progress, parziali, limitate, sì: questo sotto il profilo cognitivo e teoretico.

Certo è che non può transigere su ciò che è buono e giusto sotto il profilo etico, come attenzione a noi stessi, all’altro-come-io, e al mondo.

 

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