La scimmia “nuda”, anzi “vestita”, ovvero dell’ignoranza crassa e colpevole
Ho conosciuto lo zoologo inglese Desmond Morris leggendo molti anni fa il suo bellissimo libro L’uomo e i suoi gesti (Mondadori), un trattato sulla gestualità e la prossemica umane studiate da un punto di vista antropologico culturale ed etnografico. In questi giorni ho tra le mani La scimmia nuda. Studio zoologico sull’animale uomo, edito da Bompiani. Devo dirti, caro lettore, che mi beo in questi fine settimana pre-invernali, immergendomi in queste letture studiose, alla ricerca di ulteriori spunti per comprendere qualcosa di più di me stesso come animale, e di tutti gli animali umani che incontro. Nei mesi scorsi mi ha fatto compagnia Lo scimmione intelligente, scritto a quattro mani da Edoardo Boncinelli e Giulio Giorello, una coppia ben assortita.
In prefazione de La scimmia nuda, Morris si scusa esplicitamente con i lettori, prima per il titolo, e poi perché dichiara subito, apertis verbis, che intende trattare l’argomento “scimmia nuda”, cioè noi, da un punto di vista strettamente “zoologico”, animale, studiandone l’evoluzione fin da quando la scimmia raccoglitrice africana si è eretta in piedi a guardare la savana e ha cominciato a costruire utensili con il pollice opponibile, ed è diventata “intelligente”, anzi più intelligente. Bene, nulla quaestio, penso, anche per i venticinque/ ventisei lettori di questo sito. Dai, fatemi scherzare!
Peraltro, circa la definizione di “punto di vista zoologico”, se fossero ancora tra noi, potrebbe essere d’accordo lo stesso Aristotele (cf. Politica, 1253 a2 e De anima, III: l’uomo è un animale razionale e sociale), e Tommaso d’Aquino che lo commenta (Propter quod dicit Aristoteles in tertio De Anima, quod sicut sensus circa propria … esse animal rationale mortale).
Ora, senza mancare di rispetto ai nostri cugini primati, e neppure alle altre scimmie non antropomorfe, come le bertucce, i cercopitechi e le nasiche, mi par di poter dire che spesso il comportamento dell’animal homo, essendo anche razionalmente determinato, è orrendo: e qui non parlo dell’uomo omicida, torturatore e sopraffatore, ma dell’uomo che gira per le strade, l’homo communis, anche bravo lavoratore e padre di famiglia. Ebbene sì, anche costui fa cose orrende. Mi chiederete quali… e se vi dicessi che stamani, lungo i cigli di sessanta kilometri di strada nelle “Terre di Mezzo e nella Bassa” ho intravisto pattume vario ogni cinque o sei metri, meno di una pedalata (scatole di sigarette, lattine di birra vuote e accartocciate, scatole di chewing gum, bottiglie di plastica, e altra sporcizia che l’automobilista cretino non riesce a portarsi a casa). Addirittura, alle sorgenti dello Stella, a Flambro, interi sacchetti di immondizie scagliate da qualche vergognoso ignorante del posto o di passaggio.
Ho detto “atti orrendi” e lo ripeto. Compiuto per ignoranza? Per stupidità? Per pigrizia? Per disprezzo? Basta così? Ho detto: ignoranza, stupidità, pigrizia, disprezzo. Si tratta di poco? Concetti da poco? Piccole cose, difettucci?
Lasciamo perdere la stupidità, la pigrizia e il disprezzo, per questa sera. Andiamo a vedere che cos’è l’ignoranza.
Tommaso d’Aquino, nella quaestio disputata De malo, tratta all’inizio l’ignoranza involontaria, e quindi incolpevole, e successivamente quella volontaria, e perciò colpevole, scrivendo, tra l’altro:
“Quando uno non ha cura di conoscere, diventando ignorante per negligenza, soprattutto se quelle conoscenze sono connesse con il proprio ufficio.
Quando uno vuole, in maniera diretta o indiretta, qualcosa a cui consegue poi l’ignoranza; esempio di modo diretto può essere l’ubriaco, che compie azioni disoneste dopo aver bevuto; invece, un modo indiretto può essere quando una trascura di eliminare quelle passioni che, crescendo enormemente, ostacolano la ragione.
Quindi, quando uno vuole volontariamente ignorare qualcosa per non abbandonare il male che desidera, l’ignoranza non può essere una scusa per il peccatore; quando invece uno «ignora indirettamente», in quanto trascura di informarsi, oppure quando uno vuole «ignorare accidentalmente», mentre desidera direttamente o indirettamente qualcosa che provoca l’ignoranza, una tale ignoranza non causa totalmente l’involontario nell’atto che segue, poiché l’atto che segue, per il fatto stesso che procede da un’ignoranza, che è volontaria, è in qualche modo volontario.
Infine, se invece l’ignoranza non è assolutamente volontaria,
cioè non segue nessuno di questi modi di ignoranza, «per esempio quando è invincibile e quando non è accompagnata da nessun disordine della volontà, allora rende totalmente involontario l’atto che segue.”
Legislatori e magistrati studiate Tommaso per avere un po’ di lumi sull’omicidio stradale volontario!
Di che ignoranza parliamo nel caso dei cretini di cui sopra? Involontaria? Nooo, volontaria, volontarissima, perché intrisa di pigrizia, disprezzo e stupidità. Colpevole dunque, e meritevole di tutto il disprezzo che è dovuto a chi non rispetta il BENE COMUNE, che è la Terra su cui abbiamo SOLO un MANDATO.
Poi, caro lettore, siccome il titolo concerne anche l’ignoranza, non posso non cennare a quello che ho sentito ieri nel comizio di Landini a Genova: oltre alle frasi ad effetto applauso, fatte e trite, l’ho sentito invitare il Governo a imparare l’italiano, ma, e qui sta il contrappasso, ecco che l’oratore inciampa su due o tre congiuntivi non pervenuti. Meno male che la Camusso in un’altra piazza ha parlato di dilettanti allo sbaraglio: forse intendeva qualcuno dei suoi allievi.
Ah, una proposta per Renzi: ripristiniamo nella scuola dell’obbligo (almeno) un’ora o due di “Educazione civica”, invece dell’idiota e boldrinesca “interculturalità”, che non serve a un…
Notte.
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